La Nuova Sardegna

Il nuovo arresto

La sorella di Monica Moretti uccisa 22 anni fa a Sassari: «Raimondo Gaspa libero di delinquere, questa non è giustizia»

di Silvia Sanna

	Monica e Debora Moretti
Monica e Debora Moretti

«Noi familiari invece condannati all’ergastolo»

17 giugno 2024
3 MINUTI DI LETTURA





Sassari Due anni fa, 20 anni dopo quella prima domenica d’estate in cui morì Monica e le luci – in quella famiglia così allegra e accogliente – si spensero per sempre. Due anni fa Debora Moretti, la sorella minore di Monica, disse che Raimondo Gaspa sarebbe dovuto rimanere in galera per sempre. «Quell’uomo ci ha uccisi tutti. Ci ha portato via Monica e ha condannato noi a vivere con il peso dell’assenza, perché provi ad andare avanti ma ti manca sempre un pezzo. È questo il destino terribile che capita alle famiglie che subiscono un lutto simile». Invece no, Gaspa è uscito dal carcere con abbondante anticipo: il 2030 era l’anno previsto, dopo una detenzione di 28 anni. Ad aprile, due mesi fa, l’assassino di Monica era già fuori, 6 anni prima rispetto al cerchietto nel calendario. Era libero, ma evidentemente non redento. Al contrario, come sembra dimostrare l’ultima inchiesta che lo riguarda, già puntato sul nuovo obiettivo. Un’altra donna da molestare, come fece con Monica 22 anni fa. Lei lo respinse, condannandosi a morte.

Per Debora Moretti è un altro giorno molto brutto. È arrabbiata, delusa, confessa di essere profondamente sfiduciata. «Provo sgomento, sono triste – dice – mi sento delusa da una giustizia che evidentemente deve essere rivista, per uno Stato che fa finta di tutelarci e invece ci abbandona». La pena dovrebbe essere certa, «invece – dice Debora – ci sono delinquenti che scontano in carcere poco più di metà della pena e poi escono e sono liberi di rifare ciò che hanno già fatto. Mentre noi familiari – aggiunge Debora Moretti – abbiamo l’ergastolo da innocenti, un ergastolo che, il nostro sì, dura tutta la vita». Non dice altro Debora, se non che le parole ora non servono ma «c’è solo da fare, da agire», perché queste ingiustizie non accadano più, perché chi commette crimini così efferati non sia messo nelle condizioni di poterlo rifare. Perché non ci siano altre “Moniche”. Secondo gli investigatori che hanno riportato Raimondo Gaspa in cella, c’era un alto rischio che potesse accadere. Perché nei confronti della ventenne conosciuta in carcere, Gaspa aveva messo in atto un copione fotocopia. Messaggi, telefonate, pedinamenti. Come con Monica. La sola differenza è che la dottoressa Moretti non conosceva il nome e il volto dello stalker che l’avrebbe uccisa. Aveva intuito che potesse trattarsi di un ex paziente e si era confidata con sua sorella Debora. Poco meno di due mesi prima del delitto, era maggio, Monica le aveva detto che un tipo la perseguitava, le faceva telefonate strane, in alcune stava zitto, in altre diceva cose senza senso. Era infastidita ma non particolarmente preoccupata: sentiva di poter gestire la situazione da sola. A Debora però aveva detto anche che se avesse continuato a starle addosso, l'avrebbe denunciato ai carabinieri. Non fece in tempo Monica. Perché il suo assassino lo vide in faccia per la prima volta nel suo appartamento, la mansarda di via Amendola a Sassari dove Raimondo Gaspa la uccise con 51 coltellate. Spegnendo la luce di Monica, la sua bontà, i suoi sogni. E della sua famiglia, di Debora, per sempre appesa al suo ricordo

Primo piano
Il toto-nomi

Capodanno a tutti i costi: Comuni dell’isola a caccia di artisti e senza badare a spese

di Serena Lullia
Le nostre iniziative