Sanità, la neolaureata Francesca Nieddu: «Servono medici non missionari»
La 24enne verso la specializzazione in Radiodiagnostica: «Ok richiamare i pensionati per le emergenze, ma non può essere una scelta strutturale»
Sassari Ieri ha letto, con non poca emozione, il giuramento professionale di fronte agli 87 medici chirurghi e i 4 odontoiatri che si sono laureati tra la fine del 2023 e il 2024 a Sassari. Lei, Francesca Nieddu, era la più giovane: 24 anni. Ma, mentre si appresta ad affrontare la specializzazione in radiodiagnostica, dimostra di avere le idee già ben chiare sul suo futuro e su quello della Sanità.
Ha sempre voluto fare il medico?
«Mio padre era un medico di base. E anche mia madre era un medico, anche se in Italia non ha esercitato. È stato il mio sogno di bambina ed è diventata la mia scelta consapevole da adulta».
Sceglierà il pubblico o il privato?
«La Sanità è pubblica e universale. Il privato è utile come supporto, ma non posso immaginare che prenda il sopravvento».
Di sicuro paga meglio.
«Questo è un problema da risolvere. Per bloccare la fuga verso il privato ma anche all’estero. Io rispetto tutte le scelte, e le comprendo anche. Ma non sarà la mia. Certo quando vedo lavorare i miei colleghi nei pronto soccorsi e sento quanto li pagano penso che la loro sia una vera missione. È bello, ma non è giusto, abbiamo bisogno di medici non di missionari».
Si ricorda il test che ha fatto per entrare in Medicina?
«Certo. Quello con le crocette. Abbastanza surreale, una vera lotteria. Ma sono contraria all’abolizione del numero chiuso di cui si sta parlando».
Perché?
«È giusto che ci sia uno sbarramento che permetta di formare al meglio i professionisti che servono. Magari non il famigerato test ma il sistema proposto mi sembra anche peggio».
Cosa non la convince?
«Sei mesi tutti dentro e poi come si decide? Con i voti di esami fatti in facoltà diverse, con professori diversi? Un tutti contro tutti che può fare solo danni».
Cosa ne pensa di richiamare i pensionati al lavoro?
«Esistono emergenze, come la carenza di medici di base nei paesi, che hanno necessità di risposte immediate. Ma non può essere una scelta strutturale. Diamo spazio ai giovani, che hanno tanta voglia di lavorare, di mettersi in gioco. E al limite pensiamo a come agevolarli, a come trattenerli».
Mai avuto un ripensamento?
«Sono determinata, emozionata e convinta di avere fatto la scelta giusta. La salute è un diritto fondamentale, e non posso che essere orgogliosa di avere letto a tutti i miei giovani colleghi il giuramento che insieme abbiamo fatto. Sono parole potenti: libertà e indipendenza, tutela della salute fisica e psichica, eliminazione di ogni forma di discriminazione. Di fronte a questo tutto il resto si può “aggiustare”. E io non vedo l’ora di fare la mia parte».