La Nuova Sardegna

La replica al ministro

Scuola e lavoro, Cristiano Ardau: «Mancano all’appello 120mila addetti nel terziario»

di Luigi Soriga
Scuola e lavoro, Cristiano Ardau: «Mancano all’appello 120mila addetti nel terziario»

La Uiltucs: «Il tipo di studi è un problema, ma di più il precariato»

18 novembre 2024
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Sassari «È curioso che il ministro dell’Istruzione parli di lavoro. Non è esattamente il suo ambito e si vede. Dovrebbe preoccuparsi di più del suo settore, dal momento che problemi, nella scuola e nell’Università, ce ne sono ancora tanti da risolvere».

Cristiano Ardau, segretario generale della Uiltucs Sardegna, ha un’idea divera riguardo il mismatch del mercato del lavoro, nel quale l’offerta non trova riscontro in un’adeguata disponibilità di addetti.

«Il problema non è dirottare gli studenti verso gli istituti tecnici, a scapito degli indirizzi più umanistici. Semmai il ministro dovrebbe far in modo che ci sia una maggiore connessione tra la scuola e il mondo del lavoro, con dei percorsi più mirati sulla base delle richieste di mercato. C’è ancora troppo scollamento con le aziende, dovrebbero essere potenziati i progetti scuola-lavoro, e soprattutto le università dovrebbero calibrare di più la loro formazione sui possibili sbocchi professionali. Pagare gli studi a un figlio è un enorme sacrificio, e se poi non c’è un riscontro occupazionale il danno economico è notevole. Il sud spende 1miliardo e mezzo di euro in formazione universitaria per giovani che poi lavoreranno al nord o fuori dall’Italia».

Il mismatch è la distanza tra la qualifica offerta allo studente alla fine di un percorso scolastico e il lavoro possibile nelle singole imprese. A livello nazionale il dato, secondo Confindustria, è pari al 47% per cento. Anche in Sardegna il quadro è così drammatico?

«Nell’isola mancano all’appello dai 100mila ai 110mila dipendenti, e questo deficit si concentra al 70% nel settore terziario. Mancano circa 25mila operatori nel commercio e turismo, ma l’aspetto più preoccupante è che le imprese non riescono a trovare 40mila addetti con competenze digitali».

Da parte delle aziende c’è una selezione troppo pretenziosa?

«Diciamo che certe offerte di lavoro sono improbabili. Faccio un esempio: cercasi sviluppatore di software, massimo 25 anni, con 10 anni di esperienza, e magari laurea e conoscenza delle lingue. Impossibile avere un simile concentrato di skill in una sola figura, soprattutto se ha meno di 40 anni».

In Sardegna nel comparto ricettivo non si trovano giovani disposti a lavorare: dipende dalla mancanza di competenze o dal fatto che si tratta di occupazioni precarie e respingenti?

«È il mondo del lavoro che in molti ambiti risulta attrattivo. E il turismo è un esempio lampante: come fai a progettare un futuro o a costruirti una famiglia se il tuo contratto è stagionale e spesso anche sottopagato? Solo il 13 per cento dei dipendenti del settore turistico godono di assunzioni a tempo indeterminato. Il resto è precariato. Ci credo che poi si crea il mismatch tra offerta e domanda: i giovani prediligono altri mestieri con carichi di lavoro inferiori e maggiore stabilità».

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