Sassari Berlinguer visto anche da chi faceva politica in altri spazi, quelli della sinistra extra-parlamentare e quelli della Democrazia cristiana. È questo il quadro che è emerso nei racconti di Lucia Annunziata e Beppe Pisanu. Con un filo conduttore che è tornato in entrambi gli interventi: quello del rispetto, che il segretario Pci riusciva a guadagnarsi con le sue doti umane e del coraggio che tutti gli riconoscevano. «Noi che avevamo fatto il Sessantotto guardammo con molta distanza alla sua nomina a segretario Pci» ha ricordato Lucia Annunziata , intervistata dalla giornalista d i Sardiniapost Manuela Vacca. «Quella distanza si fece ancora più larga con il procedere degli anni Settanta, quando lui dichiarò di sentirsi più sicuro “sotto l’ombrello della Nato” e poi portò avanti il compromesso storico. Eppure, nonostante queste differenze, Berlinguer era anche lui un prodotto del Sessantotto. Senza quella rottura, lui non sarebbe stato nominato segretario» ha però aggiunto la giornalista, oggi europarlamentare eletta con il Pd . Con il tempo le divergenze politiche hanno lasciato spazio a una lettura più umana, tanto che il tono di Lucia Annunziata tradisce a un certo punto la commozione: «A quell’epoca i leader politici li si vedeva raramente da vicino. E quindi, nel caso di Berlinguer, ci si accorgeva solo dopo che in realtà era minuto, fragile. Ecco, il suo aspetto così tormentato, trasmetteva fin da subito un forte attaccamento al valore dell’onestà». E poi il tema del coraggio del segretario Pci: «Per un comunista dire, in quegli anni, di voler far parte della Nato era molto più devastante che dire oggi che se ne vuole uscire. Il clima politico era feroce e Berlinguer ebbe un grande coraggio: ebbe l’intuizione che il mondo può funzionare solo abbattendo i muri. E quelle sue parole buttarono giù la prima pietra del muro di Berlino. Oggi gli chiederei se farebbe la pace in Ucraina o preferirebbe continuare con il riarmo dell’Europa». Arriva dall’altro lato della barricata lo sguardo privilegiato di un protagonista dell’epoca del Compromesso storico, Beppe Pisanu , intervistato dal giornalista della Nuova Sardegna Alessandro Pirina. Il politico sassarese era capo della segreteria della Dc di Zaccagnini e ha raccontato il rapporto fra i due leader: «Fatto innanzitutto di stima reciproca che nel tempo crebbe fino a diventare una vera e propria fiducia politica». L’ex ministro ha proseguito: «Cosa li univa? Certamente li divideva il fatto di appartenere a due partiti contrapposti. Aldo Moro era un cattolico democratico con un senso alto della laicità dello stato e la bibbia sul comodino. Enrico Berlinguer era un comunista gramsciano che perseguiva l’obiettivo del socialismo nella libertà e e teneva sul comodino i Dialoghi di Platone. Erano molto meno distanti rispetto ai loro partiti. Li univa soprattutto lo stile discreto e l’attaccamento alla costituzione e ai suoi valori. E avevano l’ambizione di dare all’Italia una democrazia matura. La perseguirono con grande coraggio, nonostante le resistenze». Il ricordo è poi andato poi ai tempi durissimi del sequestro Moro, quando la Dc e il Pci di Berlinguer furono uniti nella linea della fermezza e del rifiuto della trattativa con le Brigate Rosse.«Che lezione ci lasciano? L’importanza del primato della politica e del confronto. Se penso al duopolio Trump-Musk mi vengono i brividi. La politica deve dominare economia e finanza e condurre al bene comune. Ai nostri giovani dico: studiate Berlinguer e Moro, ne vale la pena».