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Stipendi pubblici in aumento da giugno: ecco quanto arriva in busta paga tra arretrati e taglio del cuneo fiscale

Stipendi pubblici in aumento da giugno: ecco quanto arriva in busta paga tra arretrati e taglio del cuneo fiscale

In arrivo benefici fiscali e rimborsi per i lavoratori statali: tutti i dettagli su importi e contratti

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Roma Giugno sarà un mese decisivo per milioni di dipendenti pubblici italiani. Con l’entrata in vigore del taglio del cuneo fiscale previsto dall’ultima legge di bilancio, i lavoratori del settore statale riceveranno finalmente un aumento in busta paga che si tradurrà, nella maggior parte dei casi, in circa 400 euro netti di arretrati, a copertura del periodo che va da gennaio a maggio. Il beneficio fiscale, finora solo annunciato, si concretizzerà grazie al lavoro di aggiornamento tecnologico portato avanti dal Ministero dell’Economia e da Sogei sulla piattaforma NoiPA, utilizzata per l’elaborazione delle buste paga nel pubblico impiego.

La ristrutturazione del sistema informatico ha comportato un ritardo nell'erogazione dei benefici, ma ha anche portato con sé nuove funzionalità: a partire dalla fine della primavera, infatti, i lavoratori potranno accedere a una sezione “self service” che consentirà loro di decidere in autonomia se applicare o meno il taglio del cuneo fiscale sulla propria retribuzione. Questo sarà particolarmente utile per coloro che si trovano a ridosso della soglia dei 40mila euro di reddito annuo, oltre la quale si perde il diritto allo sgravio e si corre il rischio di dover restituire quanto incassato in precedenza.

La questione ha assunto un peso politico non indifferente, anche per via della recente tornata elettorale per il rinnovo delle Rsu nel pubblico impiego, durante la quale la temporanea decurtazione degli stipendi per alcuni lavoratori — in attesa della piena applicazione del taglio del cuneo — è stata al centro del dibattito sindacale. Ora che le urne sono chiuse, si apre una nuova fase di confronto, con l’obiettivo di sbloccare i rinnovi contrattuali ancora fermi nei principali comparti della Pubblica Amministrazione.

Il comparto delle Funzioni Centrali, che comprende ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici non economici, è finora l’unico ad aver siglato un accordo per il triennio 2022-2024. Questo prevede un incremento medio delle retribuzioni di circa 165 euro lordi mensili, pari a quasi il 6% dello stipendio. Ma l’accordo va oltre, includendo anche l’adeguamento delle indennità di amministrazione e uno stanziamento aggiuntivo di 190 milioni di euro, destinato ad allineare le retribuzioni dei ministeri a quelle tradizionalmente più alte delle agenzie fiscali, grazie alla maggiore disponibilità di fondi per il salario accessorio.

Una spinta importante all’equità retributiva arriverà anche dall’emendamento approvato nel decreto sulla pubblica amministrazione, che consente ai Comuni con i bilanci in ordine di alzare la soglia del salario accessorio fino al 58% del monte stipendi. L’effetto previsto è quello di un incremento medio mensile che può arrivare a 300 euro lordi, contribuendo così a colmare il divario salariale tra dipendenti degli enti locali e quelli dei ministeri, un problema che negli ultimi anni ha alimentato un vero e proprio esodo del personale verso le sedi centrali dello Stato, favorito anche dalla riattivazione dei concorsi pubblici dopo anni di blocco del turn over.

Sul fronte della Sanità, invece, le trattative sono ancora in corso. Dopo una rottura causata dal mancato sostegno di alcuni sindacati — in particolare NursingUp, Cgil e Uil — che ha impedito di raggiungere la maggioranza necessaria per chiudere l’accordo, l’Aran ha riaperto il confronto con un incontro avvenuto il 29 aprile. Sebbene le distanze restino, il dialogo ha permesso di entrare nel merito delle questioni più delicate, e un nuovo tavolo è stato fissato per il 22 maggio. L’obiettivo è arrivare alla firma di un contratto che, a partire dal 2025, prevede risorse per garantire un aumento medio del 6,93% sugli stipendi, pari a 183,98 euro lordi al mese. Per alcune categorie in particolare, come gli infermieri di pronto soccorso, è previsto un ulteriore potenziamento economico: la loro indennità mensile passerà dagli attuali 120 euro a 305 euro già dal 2025, con un ulteriore incremento di 60 euro l’anno successivo.

Ma le novità non si limitano alla parte economica. Il nuovo contratto della Sanità punta infatti a introdurre innovazioni normative significative, tra cui una maggiore protezione per il personale vittima di aggressioni, una riorganizzazione degli incarichi professionali, un rafforzamento della formazione continua e nuove misure per migliorare il bilanciamento tra vita lavorativa e privata. Inoltre, Aran ha ribadito che il riconoscimento del ruolo degli infermieri deve avvenire attraverso un innalzamento degli standard formativi, e non con un abbassamento dei requisiti di accesso alla professione.

Infine, resta aperta la partita della scuola. Il contratto che riguarda circa 1,3 milioni di lavoratori tra docenti e personale ATA è ancora fermo, ma è attesa a breve la convocazione di un nuovo tavolo negoziale. Anche qui le prospettive economiche indicano un aumento medio previsto di circa 150 euro lordi mensili per i docenti.

Con oltre 1,9 miliardi di euro già stanziati per il prossimo triennio contrattuale 2025-2027, il governo punta a proseguire nel percorso di valorizzazione del pubblico impiego, cercando di armonizzare trattamenti economici e normativi nei diversi comparti e rendere più attrattivo un settore che ha urgente bisogno di stabilità, riconoscimento e nuove energie.

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