Convocava dottoresse e infermiere con l’altoparlante nel suo studio. Poi le violenze
Il primario del reparto di Radiologia di Piacenza agli arresti domiciliari per violenza sessuale aggravata
PIACENZA Emanuele Michieletti, 60 anni, primario del reparto di Radiologia dell’ospedale di Piacenza, è stato arrestato e posto ai domiciliari con le accuse di violenza sessuale aggravata e atti persecutori. Come riportato oggi, 8 maggio, da “Il Corriere”, l’indagine, condotta dalla squadra mobile, ha documentato 32 episodi di abusi in appena 45 giorni, tutti avvenuti nel suo studio medico. Le telecamere nascoste e le intercettazioni telefoniche hanno permesso alla polizia di ricostruire un quadro inquietante: il medico convocava dottoresse e infermiere con l’altoparlante e le costringeva a subire rapporti sessuali, approfittando del clima di timore e soggezione.
La denuncia partita da una dottoressa ha dato il via all’inchiesta. La donna ha raccontato di essere stata aggredita fisicamente e violentata dal primario, episodio interrotto solo dall’arrivo di un altro medico. Il Corriere riporta che l’ambiente lavorativo era segnato da una profonda omertà, con testimonianze che parlano di atteggiamenti prevaricatori e di paura di eventuali ritorsioni. Alcune vittime, infatti, avrebbero ritrattato le accuse proprio per timore delle conseguenze professionali.
La Procura parla di un contesto in cui l’abuso era sistematico: secondo gli inquirenti, il medico avrebbe avuto rapporti con quasi tutte le donne che entravano sole nel suo ufficio. Emerge inoltre come il professionista, noto in città e spesso intervistato dalla stampa locale, fosse ritenuto “potente” per il ruolo e le sue relazioni. La Ausl di Piacenza sta valutando l’eventuale costituzione di parte civile.
Sulla vicenda sono intervenute anche le associazioni professionali. Per Ester Pasetti (Anaao regionale) «le donne sono, loro malgrado, in una posizione di “inferiorità” anche in ambiti professionalizzati e nei quali sono maggioranza, purtroppo silenziosa». Per Filippo Anelli, presidente della Fnomceo (Federazione medici) su questi fatti «non bisogna aver paura di denunciare».