La Nuova Sardegna

L’assalto ai portavalori, l’inchiesta

La vita in fuga di Tilocca, poi il ritorno del “Biondo”

La vita in fuga di Tilocca, poi il ritorno del “Biondo”

Di Bottidda, a 20 anni era già latitante. Con l’amico Raffaele Arzu il colpo alle Poste nelle Marche

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Sassari Nascosto dietro le pieghe delle montagne Salvatore Giovanni Antonio Tilocca, detto “Biondo”, ha imparato a sopravvivere. E a fuggire. A vent’anni già latitante, a ventidue braccato, a quarantaquattro oggi torna in carcere, accusato ancora una volta di rapina armata, stavolta a un portavalori in Toscana. Ma il suo curriculum è ben più lungo della sua ombra. Salvatore Tilocca nasce a Bottidda nel 1980. Cresce in una famiglia come tante, in un paese che non arriva a mille anime, nel cuore del Goceano. Ma la sua traiettoria devierà presto. A vent’anni, è già accusato di far parte di una banda specializzata in assalti a uffici postali e banche, nelle Marche. Un gruppo compatto, mobile, sardo: Francesco Loi da Ula Tirso, Giuseppe Cabiddu da Ilbono, la compagna Bianca Maria Musu (sorella di uno dei rapitori di Floriana Bifulco), e soprattutto lui, “Biondo”, insieme all’amico inseparabile Raffaele Arzu – poi finito nella lista dei latitanti più pericolosi d’Italia. Era il 2 maggio del 2002 quando Tilocca e Arzu assaltarono l’ufficio postale di Castelraimondo, nelle Marche. Uno armato di pistola, l’altro di taglierino. Entrarono alle 8,30, scavalcarono il bancone, minacciarono la direttrice e si fecero consegnare 22mila euro. Uscirono puliti, veloci, invisibili. Ma quel colpo li rese visibili per sempre alle forze dell’ordine. Quando scattò il blitz, Tilocca e Arzu sparirono. I complici furono arrestati nelle campagne di Cingoli, nel Maceratese. Nell’ovile di Francesco Loi, gli investigatori trovarono un fucile a canne mozze e una pistola rubata a un agente penitenziario a Cagliari. Non era solo una banda di rapinatori, ma un pezzo di una rete più grande, più pericolosa. Tanto che gli inquirenti iniziarono a sospettare una connessione con Attilio Cubeddu, il bandito scomparso dopo il sequestro Soffiantini. Tilocca riuscì a rientrare in Sardegna, ancora con Arzu. All’inizio si nascose nelle campagne, poi tornò nelle terre del Goceano, dove sapeva di poter contare su amicizie solide, protezioni silenziose. Ma la latitanza si fece pesante, e qualcosa cambiò. Forse fu la scritta minacciosa apparsa sul muro del cimitero di Bono, durante le feste natalizie, dove il suo nome compariva accanto a quello di due altri goceanini. Uno di loro fu giustiziato pochi mesi dopo. Fu il padre a convincerlo a costituirsi. In una notte fredda nelle campagne di Oniferi, dopo mesi di trattative segrete tra l’avvocato Mario Lai e i carabinieri del reparto operativo, Tilocca si consegnò. Indossava un giubbotto militare, un maglione scuro, e portava con sé tutto il peso degli anni passati in fuga. Per la rapina del 2002 fu condannato in via definitiva a dieci mesi e dodici giorni di carcere. Ma non era finita lì. Perché Salvatore Tilocca compare anche nel fascicolo giudiziario della “stagione delle bombe” di Burgos. Un periodo cupo, tra il 2002 e il 2004, in cui il piccolo centro fu scosso da attentati, incendi, devastazioni, culminati con la morte di Bonifacio Tilocca, padre dell’allora sindaco Pino, esponente di Rifondazione Comunista. Il primo attentato, il 12 aprile 2002, sventrò la casa del pensionato. Il secondo, due anni dopo, lo uccise. Tilocca finì nel fascicolo insieme ad altri 12 giovani del Goceano e della Barbagia. Le accuse: tentato omicidio, traffico d’armi, porto illegale di esplosivi, danneggiamento aggravato. Tra le imputazioni emerse anche un furto di suini e una tentata rapina alle Poste di Burgos. Tilocca non fu indicato come autore materiale degli attentati più gravi, ma il suo nome era tra quelli che, secondo gli inquirenti, avevano fatto parte del contesto criminale che aveva generato quella spirale. (luigi soriga)

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