Pensioni, possibile stop all’aumento dell’età nel 2027: salvaguardati solo gli over 64
Il governo valuta di bloccare lo scatto automatico di tre mesi per ridurre i costi della misura. Tra le ipotesi anche un incremento più lieve e una revisione dei coefficienti di calcolo
Sassari Il governo sta valutando un intervento per evitare l’aumento automatico di tre mesi dell’età pensionabile previsto per il 2027. La misura, prevista dal meccanismo di adeguamento all’aspettativa di vita, avrebbe un costo elevato e per questo l’esecutivo sta studiando soluzioni che permettano di contenerne l’impatto sui conti pubblici.
Nel Documento programmatico di finanza pubblica non vi è alcun accenno al possibile blocco, ma il tema resta al centro dei tavoli tecnici. L’obiettivo è sospendere lo “scalino” dei tre mesi senza compromettere gli equilibri di bilancio e senza inviare segnali negativi ai mercati o alle agenzie di rating, molto attente all’andamento della spesa previdenziale.
Secondo quanto riportato dal Messaggero, l’ipotesi principale su cui si lavora è quella di limitare il congelamento a chi, nel 2027, avrà già compiuto 64 anni. In questo modo lo scatto di tre mesi non scatterebbe per questa fascia di lavoratori, riducendo la platea dei beneficiari e il costo della misura, che scenderebbe da circa un miliardo a 300 milioni di euro l’anno.
Un’altra proposta, avanzata dalla Ragioneria generale dello Stato, prevede invece di applicare un aumento più contenuto: un solo mese di lavoro in più nel 2027, eventualmente tramite una finestra mobile tra la maturazione del diritto e il momento effettivo del pensionamento.
La Ragioneria ha inoltre richiamato l’attenzione sul tema dei coefficienti di trasformazione, cioè i parametri che determinano l’importo della pensione in base ai contributi versati. Si tratta di un meccanismo di stabilizzazione che, insieme all’aumento dell’età di uscita, serve a bilanciare l’effetto dell’allungamento della vita media. Se l’adeguamento all’aspettativa di vita venisse cancellato senza modificare i coefficienti, le pensioni potrebbero ridursi di circa il 9%.
Il capitolo previdenziale non si esaurisce qui. Rimane aperta anche la proposta del sottosegretario al lavoro Claudio Durigon, che punta a consentire il pensionamento a 64 anni con 25 anni di contributi, trasformando il Tfr maturato in una rendita integrativa per raggiungere un assegno minimo di circa 1.600 euro mensili.
Si tratterebbe di una misura simile a quella già introdotta per i lavoratori nel sistema contributivo, ai quali è stato permesso di sommare la rendita dei fondi integrativi alla pensione pubblica per raggiungere le soglie necessarie all’uscita anticipata.