Sciopero dei farmacisti in Sardegna: ecco quando e perché
Mobilitazione dei professionisti dell’isola sotto il consiglio regionale a Cagliari
Cagliari Non solo medicine e ricette. Dietro il banco delle farmacie c’è un esercito di professionisti che da mesi chiede ascolto, rispetto e un contratto dignitoso. Mercoledì 15 ottobre, dalle 11, i farmacisti e le farmaciste della Sardegna saranno sotto il Consiglio regionale per protestare contro la decisione di Federfarma di interrompere «unilateralmente» le trattative per il rinnovo del contratto collettivo.
Lo sciopero, proclamato da Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil, è solo l’inizio di una mobilitazione che attraverserà l’Italia per tutto ottobre fino a una protesta nazionale unitaria. «Federfarma ha un atteggiamento totalmente irresponsabile verso lavoratori e lavoratrici che garantiscono attività sempre più gravose senza alcun riconoscimento» denunciano i segretari regionali Nella Milazzo (Filcams), Monica Porcedda (Fisascat) e Cristiano Ardau (Uiltucs).
In Sardegna sono oltre duemila le persone in attesa del rinnovo di un contratto scaduto da un anno. E la delusione è doppia perché la rottura è arrivata proprio mentre sembrava aprirsi uno spiraglio di dialogo. «Dopo aver dato la sua disponibilità – spiegano i sindacati – Federfarma si è di nuovo sottratta il 9 ottobre».
Nel frattempo la professione è cambiata. Con la riforma sanitaria e l’introduzione di nuovi servizi, i farmacisti collaboratori sono diventati un presidio essenziale: fanno vaccini e tamponi, monitorano terapie, aiutano i pazienti. Una presenza costante e competente, che regge il peso della salute quotidiana dei cittadini. Eppure, denunciano i sindacati «a fronte di queste nuove responsabilità e del contesto economico già difficile per l’aumento dell’inflazione, Federfarma continua a negare un miglioramento delle condizioni economiche e contrattuali».
L’offerta di 180 euro di aumento viene definita "un’offesa alla professionalità e alla competenza di migliaia di farmacisti collaboratori”. «Per invertire la tendenza – concludono Milazzo, Porcedda e Ardau – è indispensabile rinnovare il contratto, valorizzando le professionalità e garantendo un salario adeguato».