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Alcoa, nuovo incontro a Roma. Spiragli dalla Ue, ma si rischia un rinvio

Alcoa, nuovo incontro a Roma. Spiragli dalla Ue, ma si rischia un rinvio

Nuovo vertice a Roma. A Bruxelles si è tenuta la riunione tecnica tra i funzionari della Commissione Concorrenza, ma il confronto tra Roma e Bruxelles sul Dl energia rimane aperto

11 febbraio 2010
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ROMA. Stanotte i lavoratori di Alcoa sapranno quale sarà il loro futuro, ma non è detto che la parola fine, in positivo o in negativo, venga pronunciata proprio oggi. La delegazione di Portovesme presidierà piazza Montecitorio.

Sostenuta dai colleghi di Fusina, potrebbe trovarsi ancora una volta a fare le ore piccole. Per le 20 infatti è convocata la riunione a Palazzo Chigi. Il governo è rappresentato dal sottosegretario Gianni Letta, ma non è esclusa la partecipazione dei ministri Scajola (Sviluppo Economico) e Sacconi (Welfare), che spera in un dialogo risolutivo: «Governiamo senza subire le decisioni unilaterali delle multinazionali», ha detto nel question time alla Camera. Ci saranno poi Regione, enti locali, sindacati, Alcoa.

Protagonisti. Per il colosso Usa John Thuestad, vicepresidente, responsabile mondiale dell’alluminio primario, accompagnato da Giuseppe Toja, ad di Alcoa Italia, che ha condotto in questi mesi la sfibrante trattativa sulle tariffe. Nei giorni scorsi voci di corridoio che non hanno trovato alcuna conferma davano per acquisita una diversità di vedute tra i vertici americani (propensi a chiudere subito gli impianti italiani, come già avvenuto in altri paesi d’Europa) e i referenti europei, più possibilisti, ma comunque fermi nel richiedere condizioni energetiche diverse dalle attuali.

L’Europa. Ieri si è svolta a Bruxelles la riunione tecnica tra i funzionari della Commissione Concorrenza, incaricati di analizzare i dossier energetici e la delegazione italiana, guidata dal responsabile del dipartimento energia del ministero dello Sviluppo economico, Guido Bortoni. Il governo confidava molto sull’esito di questa riunione, ritenuta essenziale per rafforzare la sua posizione nella trattativa con gli americani. Se dall’Ue fosse arrivato un sostanziale via libera al decreto legge, gli americani non avrebbero avuto più scuse. Silenzio ufficiale sul risultato dell’incontro, ma da fonti diplomatiche si è appreso che «si sarebbe fatto un passo in avanti» verso il chiarimento della posizione italiane e un rapido pronunciamento della Commissione europea sul Dl energia.

La riunione, secondo le stesse fonti, si è svolta «in un clima positivo di collaborazione che ha consentito di approfondire le questioni sul tavolo. Durante l’incontro, durato quasi tre ore, da parte italiana sono stati forniti chiarimenti sul provvedimento varato ed è possibile che nei prossimi giorni saranno richieste da Bruxelles ulteriori delucidazioni».

L’aspetto del decreto messo in rilievo al tavolo Ue, secondo quanto si è appreso, è quello relativo, in generale, alla sicurezza delle rete. Problema che riguarda l’approvvigionamento di energia elettrica non solo della Sardegna ma anche della Sicilia. In sostanza, è stato spiegato che il provvedimento punta a creare le condizioni di parità, di fronte alla presenza di industrie energivore, nell’approvvigionamento di alcune aree rispetto ad altre del Paese.

In un contesto del genere, quindi, il provvedimento non sarebbe un aiuto di Stato. Il confronto tra Roma e Bruxelles sul Dl energia resta in ogni modo aperto. Già nei prossimi giorni potrebbe tuttavia registrare ulteriori sviluppi positivi attraverso uno scambio di lettere tra la Commissione e il governo italiano.

Le valutazioni. La tempistica, però, non corrisponde con esattezza ai desiderata di Alcoa, che si aspettava per oggi un documento della Commissione contenente garanzie sul futuro del decreto. Rimane l’incertezza sulla tipologia, nota ufficiale o comunicato stampa, ma non sulla necessità che ci fosse un atto della commissione. Per questo motivo, fonti ufficiose vicine ad Alcoa hanno definito la riunione di ieri a Bruxelles come un «passettino in avanti, ma non l’ultimo»: «È stato attivato un doveroso processo di interlocuzione con la Commissione, ma se, come temiamo, tra qualche giorno dovessero arrivare le domande dei tecnici al governo, i tempi di allungherebbero non di poco. Siamo ancora ben lontani dalla certezza regolatoria che ci serve per continuare a mantenere in marcia gli impianti, e non abbiamo fatto passi in avanti sul contratto».

L’esecutivo. A questo punto non è escluso che dalla riunione di oggi emerga più che una decisione un nuovo appuntamento con azienda e enti locali. Il governo, infatti, aspetta le delucidazioni tecniche in arrivo da Bruxelles, proprio per tarare sulla stessa lunghezza d’onda l’emendamento annunciato ma non ancora presentato, al Senato proprio sul decreto energia. Ma non è detto che Alcoa si accontenti di un rinvio per fermare le lancette della chiusura. Resta comunque il fatto che la incredibile capacità persuasiva del sottosegretario Gianni Letta, supportata dalla carta della fidejussione, ancora da giocare, dovrebbe rendere più malleabili i manager di Alcoa. Da qui a essere sicuri che l’allungamento dei tempi sia una «vittoria» del governo, ce ne corre. Per assurdo sarebbe questa invece la migliore dimostrazione che l’azienda stia facendo di tutto per non chiudere gli impianti italiani per ragioni industriali e finanziarie, a meno che non costretta dal caro energia.

La Regione. In questo scenario assumono una diversa rilevanza le parole dell’assessore al Bilancio, pronunciate martedì in Consiglio: «Non faccio nomi (Giorgio La Spisa ha in mente la Glencore, proprietaria della Portovesme srl, con la quale sono stati avviati contatti informali e che ha dichiarato di essere pronta ad accogliere l’invito alla discussione sul futuro dell’impianto se provenisse dal governo, ndr) ma vi è l’interesse di altri gruppi industriali a rilevare l’impianto. Se Alcoa va via è perché ha un’altra strategia produttiva e, soprattutto, finanziaria».
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