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Sassari

Fuoco sui carabinieri. «Puntavo ai politici»

Fuoco sui carabinieri. «Puntavo ai politici»

È arrivato a piedi ed ha esploso 6 colpi di pistola ad altezza d’uomo. Feriti due militari e una donna. L’attentatore subito catturato

29 aprile 2013
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di Annalisa D’Aprile

ROMA. Sbuca da piazza Montecitorio, il suo passo è normale. Percorre quel corridoio che si restringe per poi aprirsi su largo Chigi, guarda dritto davanti a sè. Alla sua destra c’è la piazza sovrastata dalla Colonna di Marco Aurelio a sinistra l’ingresso del palazzo del potere, le sue mani sono in tasca. Sono le 11.30, Luigi Preiti punta verso Palazzo Chigi: il suo obiettivo sono i politici, «volevo ucciderli». E infatti, alza il braccio e spara.

In quel momento al Quirinale Beatrice Lorenzin ha appena giurato come ministro della Salute, sorridente torna a posto ondeggiando sui tacchi alti. È ancora in quell’istante che Luigi Preiti sta per superare la camionetta dei carabinieri, ma non può andare oltre, tra poco arriva tutta la nuova squadra di governo che si riunisce per il primo consiglio dei ministri e la piazza sta per essere chiusa ai pedoni. È allora che quell’uomo alto, magro, dai capelli scuri portati corti, ben vestito, estrae la pistola e fa fuoco. Scarica sei colpi sui due carabinieri che ha davanti. Francesco Negri, 30 anni, carabiniere scelto si becca una pallottola nella gamba. Il brigadiere Giuseppe Giangrande, 50 anni, cade all’indietro sbattendo la testa, resta immobile in un lago di sangue, le braccia larghe e il suo basco volato qualche metro più in là. Un proiettile gli è entrato nel collo ed è uscito appena sopra la scapola.

Tre militari si buttano su Preiti, lo immobilizzano. Nella piazza risuona il rumore sordo degli spari e gli urli striduli di una donna che chiede aiuto. Ci sono dei feriti, una donna incinta, anche un bambino. C’è della gente che scappa via, due ciclisti rialzano le bici cadute sui sampietrini, sono a un passo da chi ha sparato. Operatori delle tv e fotografi, invece, si lanciano lì dove decine di uomini della sicurezza stanno accorrendo. «Pensavo fossero petardi, dice un passante. «Ho visto un uomo ben vestito che sparava ad un carabiniere, temevo sparasse anche a noi» racconta un testimone. La notizia rimbalza al Quirinale. Statue di sale le facce di Letta, Alfano, Napolitano. La cerimonia si chiude senza fronzoli, il consiglio dei ministri viene anticipato.

«Allentatemi le manette, mi fa male il polso», dice Preiti mentre un carabiniere gli è montato sopra. «Volevo uccidere i politici» confesserà poi al procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani, andato a interrogarlo in ospedale, al San Giovanni, dove è stato portato per le ferite dovute alla colluttazione. Quarantanove anni, originario di Rosarno, in Calabria, dove è tornato dopo molti anni vissuti in provincia di Alessandria. Due matrimoni, tre figli, un lavoro e la seconda moglie persi a causa del vizio del gioco, i video poker la sua malattia. Preiti si definisce «disperato», «non odio nessuno» dice, ma quel gesto l’ha preparato e per compierlo è partito in treno da Rosarno sabato, dopo aver prenotato un hotel nella Capitale. Una cosa non è andata come aveva progettato: l’ultimo proiettile voleva usarlo contro se stesso. Suo fratello Arcangelo, subissato di telefonate ripete a tutti: «Luigi non è pazzo, è un uomo lucido». Poi schiacciato dalla gravità del gesto del fratello chiede scusa ai carabinieri, alle istituzioni, agli italiani.

Piazza Colonna resta transennata. Invalicabile. A Roma è una giornata di sole, passanti e turisti continuano a fermarsi guardando, fotografando e filmando da lontano la “scena del crimine”. Gli uomini della scientifica hanno ricostruito la dinamica e ritrovato sei bossoli della pistola 7.65, illecita la provenienza visto che Preiti non aveva un porto d’armi. Dagli ospedali romani arrivano i bollettini dei feriti nella sparatoria: Negri è stato operato alla tibia per ridurre la frattura. «Viviamo una fase di tensione del Paese e queste tensioni ricadono sulle nostre spalle» ha detto dal suo letto d’ospedale, secondo quanto riferito dal responsabile Sicurezza del Pd, Emanuele Fiano che gli ha fatto visita. Una passante, Marina Stolfi, è stata raggiunta al braccio da una scheggia, mentre suo marito Andrea e il figlioletto Matteo si sono fatti male cadendo mentre scappavano dalla piazza. La situazione più delicata è quella del brigadiere Giangrande: il colpo ha lesionato la colonna vertebrale cervicale. I medici dell’Umberto I hanno deciso per un intervento neurochirugico, parlano di un «danno midollare importante». E per ora non sanno come andrà.

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