L’addio delle clarisse
Le tre monache cappuccine, di salute malferma, saranno trasferite
SASSARI. Le monache di clausura lasciano Sassari. Dopo cinquant’anni di permanenza in una delle istituzioni più antiche e amate della città, le tre cappuccine, nei prossimi giorni, saranno trasferite in tre distinti monasteri. Una decisione sofferta, ma indispensabile che l’ordine francescano regionale ha dovuto prendere per questioni legate alle delicate condizioni di salute delle tre consorelle.
La notizia lascia tutti sgomenti non soltanto per il forte legame della città nei confronti delle religiose, ma soprattutto perché quello del trasferimento è parso a molti come il preludio della chiusura del convento dopo 344 anni di storia. Per intere generazioni di sassaresi, le clarisse hanno rappresentato il mistero del sacro, la loro vita, la loro ascesi spirituale, la loro presenza silenziosa all’interno dell’antico monastero secentesco, incastonato nel cuore della città vecchia, hanno sempre affascinato.
Credenti e non, si sono sempre accostati alla grata del parlatorio con senso di fede, ma anche con quel timore reverenziale riservato alle personalità carismatiche. A tenere i rapporti con l’esterno ha sempre pensato l’abbadessa madre Arcangela, la più anziana, che ieri, con semplicità e dolcezza, si è fatta portavoce di ciò che resta di una numerosa comunità che un tempo contava trenta monache di clausura: «Ringraziamo Sassari per il bene che ci ha voluto, continueremo a pregare fino a quando vorrà il Signore». Poche parole, dette con voce flebile, ma decisa, per ricambiare l’affetto nei confronti della comunità sassarese e per riaffermare l’obbedienza e il rispetto della regola alla quale hanno improntato la loro esistenza.
Originaria di Ittiri, madre Arcangela, classe 1929, è a Sassari almeno dal 1950, nei prossimi giorni dovrà raggiungere le consorelle di Cagliari. Suor Josefa, di Osilo, che ha 81 anni, è stata invece destinata a Oristano e suor Teresina, di Luogosanto, di 78, è attesa in un monastero di Brescia. Le tre monache, che continueranno a osservare la clausura, saranno accolte in una nuova comunità che ne garantirà l’assistenza. Ieri le cappuccine hanno ricevuto la visita del padre provinciale Giovanni Atzori che, affiancato da monsignor Pietro Meloni, vescovo emerito di Nuoro, ha parlato con loro per buona parte della mattinata. «E una decisione che non ci fa piacere - ha detto padre Atzori uscendo dal convento - ma le condizioni di salute delle tre consorelle non concedono spazio ad alternative». Stando a qualche indiscrezione, sembra che le suore abbiano sempre rifiutato la proposta di istituire all’interno del monastero una sorta di infermeria, una struttura che garantisse un intervento in caso di bisogno. Proprio per questa ragione qualche anno fa due sorelle della comunità erano state trasferite in una casa di riposo di Buddusò.
Certo è, invece, che la comunità, negli anni, anche per l’assenza di vocazioni, non ha avuto quel ricambio sperato. Sembrerebbe, però, che l’ordine non voglia chiudere il monastero e che ci sia una trattativa aperta con un convento cileno per far arrivare a Sassari una comunità di suore sudamericane che garantiscano la prosecuzione della storia di un’istituzione plurisecolare.
Il provvedimento ha colto di sorpresa anche don Giampiero Satta, parroco di Sant’Apollinare, che con le monache non solo per ovvie ragioni di buon vicinato, ha sempre avuto un legame molto stretto. Nei quattro anni in cui la parrocchiale è rimasta chiusa per restauro, don Satta celebrava la Messa e officiava i riti nella chiesa delle Monache. Ieri don Giampiero, visibilmente commosso, ha detto di avere accolto la notizia con dispiacere «ma - ha concluso - so che non ci sono alternative e se le condizioni fossero state diverse, le suore sarebbero rimaste nella loro casa». Nel quartiere la gente è incredula e se la reazione di questa comunità rispecchia lo stato d’animo di una città, c’è da scommettere che domenica, la chiesa delle cappuccine sarà invasa da una moltitudine di fedeli per salutare le suore che per anni hanno pregato nel silenzio e meditato nella fede.