La Nuova Sardegna

Sassari

Boom di giovani agricoltori

di Andrea Massidda
Boom di giovani agricoltori

Sono sempre di più i laureati che lasciano gli uffici per lavorare nei campi

13 ottobre 2015
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SASSARI. Hanno passato anni e anni a sgobbare sui libri, divorando centinaia di manuali di diritto, economia e filosofia: qualcuno era convinto di diventare un principe del foro, qualcuno sognava una brillante carriera da manager, altri di diventare direttori di un istituto di credito o più semplicemente di trasmettere il proprio sapere da dietro una cattedra. Ma quando questi giovani si sono ritrovati con in tasca il tanto agognato pezzo di carta per loro è cominciato un interminabile cursus fatto di stage, tirocini, lavoretti non retribuiti e precariato. Così, un po’ per ribellione e un po’ per sfida, chi non è fuggito all’estero ha deciso di mettere a frutto entusiasmo e conoscenza facendo il contadino o l’allevatore. Un trend registrato in tutta Italia e con le stesse percentuali anche in provincia di Sassari, dove da qualche tempo a questa parte si assiste a un record di under 30 impegnati nell’agricoltura. Naturalmente crescono di pari passo anche le iscrizioni ai corsi di laurea specifici: al dipartimento di Agraria dell’università turritana negli ultimi otto anni c’è stato un costante incremento delle matricole. Forse il mito del posto in banca o delle professioni è davvero tramontato.

Ritorno ai campi. Che ci sia una riscoperta della campagna come luogo per vivere e lavorare è confermato da un’analisi di Coldiretti elaborata sulla base degli ultimi dati raccolti dall’Istat: nel 2015 i giovani lavoratori agricoli indipendenti sono aumentati del 35 per cento rispetto all’anno precedente. In altre parole nell’agricoltura si riscontra il tasso di crescita più elevato dell’occupazione giovanile tra i diversi settori produttivi. Sono numeri che lasciano a bocca aperta e che, per quanto nazionali, risultano assolutamente sovrapponibili a quelli locali. In Sardegna, poi, le nuove aziende agricole gestite da infratrentenni sono passate da 252 del 2012 a 470 del 2014. «In effetti questi dati stupiscono – ammette con soddisfazione Battista Cualbu, presidente di regionale e per la provincia di Sassari di Coldiretti –, eppure sono reali. Ora per i ragazzi andare a lavorare la terra non è più un ripiego ma una scelta di vita ben ponderata. Potrei fare molti esempi, specie di persone con lauree importanti che alla fine hanno deciso di fare il mestiere dei loro padri o dei loro nonni».

Scelta di vita. Una nuova generazione di contadini, allevatori, pescatori e pastori sta dunque nascendo. Sempre secondo un sondaggio di Coldiretti, oggi il 57 per cento dei giovani preferirebbe gestire un agriturismo piuttosto che lavorare in una multinazionale (18 per cento) o fare l’impiegato in banca (18 per cento). E tutto questo – altra sorpresa – con il placet di mamma e papà. Quasi un genitore su tre (29 per cento) consiglierebbe infatti ai propri figli di fare l’agricoltore. E ben il 55 per cento sarebbe contento se il figlio o la figlia sposasse un contadino».

New entry. Se un numero sempre più elevato di giovani decide di dare continuità all’azienda familiare, la vera novità sono le new entry da altri settori o da diversi vissuti parentali. Si tratta di ragazzi che hanno deciso di scommettere sull’agricoltura con estro, passione, innovazione e professionalità. Sono i cosiddetti agricoltori di prima generazione. «I motivi di questo straordinario ritorno alla terra sono tanti – continua Cualbu –, e oltre al fatto che certe professioni tradizionalmente redditizie non garantiscono più il benessere di una volta c’è da considerare che nell’immaginario collettivo la figura dell’agricoltore è radicalmente cambiata: ormai non si pensa più allo zotico, al villano, ma a una persona istruita che ha riscoperto la bellezza del contatto con la natura e dei veri valori. Insomma, i nostri figli non si vergognano più di lavorare nei campi – spiega ancora il presidente regionale e provinciale di Coldiretti –, anzi ne vanno fieri, come quando raccontano di essere i custodi del territorio o di avere aperto una fattoria didattica». È evidente che a contribuire a questa piccola grande rivoluzione culturale è stata anche la tecnologia, che ha reso l’attività nelle campagne meno dura di un tempo, anche se è da illusi pensare che la fatica sia scomparsa.

Università. A chiudere questa sorprendente parata di numeri sono i dati del dipartimento di Agraria dell’università di Sassari, ancora una volta in crescita. «Nel 2008 le matricole erano 203 – spiega il direttore Antonio Pazzona –, mentre nell'anno accademico in corso si è arrivati a 323 immatricolazioni. Attualmente gli iscritti in Agraria sono 880, con una componente femminile di circa il 40 per cento». La gran parte di questi studenti, in particolare nella laurea magistrale, è regolarmente in corso.

Ma i laureati in Agraria trovano lavoro in tempi ragionevoli? «A tre anni dal conseguimento del titolo - risponde sempre il numero uno del dipartimento dell’ateneo sassarese - ,il 48 per cento dei laureati risulta occupato».

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