La Nuova Sardegna

Sassari

Platamona, sei mesi dopo l’incidente: «Dal crollo le nostre vite sono cambiate»

Luigi Soriga
Platamona, sei mesi dopo l’incidente: «Dal crollo le nostre vite sono cambiate»

L’operazione, la rianimazione, i tre mesi a letto, la fisioterapia, la lenta risalita: il racconto dei genitori dei ragazzi feriti. «Mio figlio non riesce più a studiare vicino a una libreria, ha paura che tutto gli frani addosso»

06 gennaio 2016
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SASSARI. Ogni tanto la mamma di Claudio va da sola a Platamona. Il tempo sembra essersi arrestato, tutto come quel 21 luglio. Così si ferma davanti alla Rotonda crollata, mette in stand-by lo sguardo e i pensieri in rewind: cerca di far combaciare l’immagine che ha davanti agli occhi con quella impressa nella memoria. Le macerie, i sassi, le colonnine di granito, e poi quelle foto dove suo figlio è carponi in mezzo al disastro, con la testa incastrata tra i massi. È un flashback che le fa venire i brividi.

«Ogni volta tento di capire come possa essere successo – dice – e non riesco mai a trovare una spiegazione. Provo ancora tanta rabbia: la consapevolezza che due ragazzi di 17 anni siano vivi per miracolo, e che stiano affrontando un’esperienza che li segnerà per sempre, non mi dà pace. Mi irrita il fatto che a Platamona sia tutto ancora abbandonato, ma soprattutto mi fanno ribollire il sangue quelle recinzioni e quei cartelli di pericolo. Trovo tutto questo un insulto nei confronti miei, e dell’altra famiglia che sta vivendo un dramma sulla propria pelle».

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La dura risalita è terminata, e i due ragazzini hanno ormai scollinato sulla vita normale. Hanno buttato via le stampelle, hanno ripreso ad andare a scuola, escono la sera con gli amici. Ma niente è esattamente come prima, e chissà se lo sarà mai. Perché a 17 anni hanno visto la morte in faccia.

«Luca a dire il vero è stato forte – racconta il padre – non si è mai lamentato. È rimasto tre mesi allettato, ha subito un lungo intervento chirurgico, ha il bacino ricostruito, lesioni alla milza, ha una lussazione, ha accusato delle complicanze polmonari, la febbre altissima per giorni, ha avuto la pleurite. Ha rischiato grosso, e lo dico da medico. Ha trascorso mesi difficilissimi anche da un punto di vista psicologico, perché per lungo tempo abbiamo dovuto imboccarlo, lavarlo, visto che non era autosufficiente per i bisogni. Non sei nè un bimbo e nè un vecchio, e certe cose è difficile accettarle. E i segni restano».

Il ragazzo è seguito da uno psicologo: «Ha come la sensazione che le cose possano crollargli addosso. Non riesce a studiare vicino alla libreria, guarda spesso in alto, non passa sotto al lampadario. Preferisce stare alla larga dai muri. Si vede che ancora non ha cancellato completamente il trauma». Anche Claudio ha dovuto stringere i denti. Tre mesi a letto, i dolori, l’impossibilità di cambiare posizione, dipendere in tutto da chi ti sta accanto, il tempo che si dilata a dismisura, lo sconforto che ogni tanto morde. «Ha nelle articolazioni una serie di placche di metallo – dice la mamma – zoppica ancora, una parte della gamba è insensibile. Lui ce la mette tutta, ha una grande forza di volontà, e con la fisioterapia ci mette tutto se stesso».

E poi c’è chi le ferite le ha dentro, perché non è stato investito dal crollo, ma dall’onda d’urto che i disastri si tirano dietro. Anche la vita delle famiglie è stata stravolta: «Io non sono più la stessa – dice la mamma di Claudio – ormai sono passati tanti mesi dall’incidente, ma la serenità non è tornata. Ti piove addosso una cosa più grande di te, ti fai forza per andare avanti, ma alla fine ti rendi conto di essere sola, e tutto che ha un peso incredibile, ogni cosa si affronta con fatica. Chiedi una 104 per assistere tuo figlio e ti sbatti contro un muro. Ti rivolgi al Comune per un aiuto, e ti ritrovi dietro una lunga graduatoria. È stato complicato anche ottenere l’assistenza domiciliare. All’inizio ti illudi di trovare sostegno, perché in quella situazione ti ci sei ritrovata senza una colpa. Pensi che un aiuto ti sia dovuto, che sia un diritto. Poi fai presto a renderti conto che devi far affidamento sulle tue forze, e che le cose si muovono a una velocità ben lontana dalle tue esigenze». Anche la magistratura ha i suoi ritmi: «L’ultima novità che abbiamo è la nomina di un consulente tecnico – dice il padre di Luca – per il resto non sappiamo nulla». Ecco perché la Rotonda è sempre immobile come un fermo immagine e lo resterà chissà ancora per quanto.

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