La Nuova Sardegna

Sassari

Falsi blitz antidroga, assolti 2 carabinieri

di Nadia Cossu
Falsi blitz antidroga, assolti 2 carabinieri

Scagionati dopo nove ore di camera di consiglio. In primo grado l’appuntato Silanos era stato condannato a 18 anni

22 gennaio 2016
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SASSARI. Lacrime liberatorie, abbracci con i familiari ma senza un eccessivo entusiasmo.

I giudici della corte d’appello della sezione distaccata di Sassari, dopo nove ore e mezza di camera di consiglio, hanno assolto da tutte le accuse i due carabinieri Francesco Silanos e Leonardo Riu finiti a processo dopo l’inchiesta sui falsi blitz antidroga del 2007. Assolti per non aver commesso il fatto, relativamente ad alcuni reati contestati, e perché il fatto non sussiste in riferimento ad altri.

Tra i due imputati, quello di “spicco” in questo processo era certamente l’appuntato quarantenne, originario di Alghero, Francesco Silanos, in servizio a Sassari. In primo grado era stato condannato a 18 anni di reclusione ma lo scorso dicembre il sostituto procuratore presso la corte d’appello di Sassari, Sergio de Nicola, aveva chiesto l’assoluzione o, in subordine, la riduzione della pena a otto anni. L’appuntato “infedele” – assistito dall’avvocato Maurizio Serra – era accusato di avere organizzato tre falsi blitz antidroga per fare bella figura con i superiori.

Sette persone erano finite in carcere, tra il 2007 e il 2008. Si proclamavano innocenti anche di fronte a quella che i carabinieri mostravano come una prova inoppugnabile: un panetto di droga sotterrato in giardino o ritrovato tra la merce in un negozio. In qualche caso si trattava di persone che avevano avuto guai con la giustizia e che, dopo avere pagato il proprio debito, si stavano ricostruendo una vita. Nel mirino erano finiti anche tre commercianti marocchini incensurati. A un certo punto Francesco Marongiu, pregiudicato di Sennori, rivelò a due magistrati che tutte quelle persone avevano ragione a dichiararsi estranee al narcotraffico. Marongiu disse molto di più. E cioè che la droga l’aveva nascosta lui personalmente per incastrarli e così fare un favore al suo amico carabiniere: Silanos appunto. Ma proprio sulla figura ambigua di Marongiu si sarebbe soffermato il collegio d’appello formato dal presidente Giovanni Lavena e dai giudici Francesca Lupino e Maura Nardin. Un personaggio dalla credibilità vacillante che, secondo gli avvocati della difesa, aveva raccontato una verità di fantasia solo per beneficiare di uno sconto di pena.

Il primo blitz venne fatto il 23 gennaio 2008 quando nelle campagne di Sorso i carabinieri recuperarono 400 grammi di eroina e arrestarono l’operaio Massimo Perandria. Una brillante operazione che Marongiu, nove mesi dopo, definì uno scandaloso bluff raccontando ai sostituti procuratori Maria Grazia Genoese e Gianni Caria di avere sotterrato lui il pacco con la sostanza stupefacente. Marongiu sosteneva di aver fatto lo stesso «sporco lavoro» in altre due occasioni e infatti sta scontando sette anni di reclusione per i reati di cui si è autoaccusato.

Ma il sostituto pg De Nicola durante la sua requisitoria si era soffermato su alcuni punti della tesi difensiva richiamando, tra le altre cose, i 300 verbali di arresto che hanno contraddistinto tre anni di lavoro di Silanos e che avrebbero dimostrato la capacità investigativa di quest’ultimo e, di conseguenza, la “non necessità” di ricorrere a false operazioni «per farsi bello con i superiori». Di tutt’altro avviso gli avvocati di parte civile Agostinangelo Marras, Mattia Doneddu, Vittorio Campus, Gian Mario Fois e Marco Enrico che tutelavano gli interessi di quelle persone a loro dire «finite in carcere ingiustamente».

«Questo collegio – è stato il commento dell’avvocato Serra – conosceva perfettamente il processo. Non chiedevamo altro». Soddisfatto anche il collega Pietro Piras che difendeva Leonardo Riu, condannato in primo grado a due anni per falsità ideologica (per aver controfirmato false relazioni di servizio).

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