La Nuova Sardegna

Sassari

Condannati all’ospedale perché poveri

di Luigi Soriga
Condannati all’ospedale perché poveri

Tre pazienti ricoverati da un mese: dovrebbero andare in Rsa, ma non hanno soldi per le rette e il Comune non ha risorse

28 aprile 2016
3 MINUTI DI LETTURA





SASSARI. L’ospedale, purtroppo, può stringersi intorno ai pazienti come una prigione. Soprattutto se si tratta di persone anziane, senza una famiglia alle spalle, e senza soldi.

Ci sono almeno tre casi, che ormai rasentano il sequestro di persona, al Santissima Annunziata. Malati ricoverati da più di un mese tra i reparti di Lungodegenza e Psichiatria, e che dovrebbero invece essere dimessi e andare in cura nelle Residenze sanitarie assistite.

Invece continuano ad essere degli internati all’interno dell’ospedale, semplicemente perché non hanno i soldi per potersi permettersi la retta di una Rsa, e perché anche il Comune di Sassari è a secco di risorse per coprire l’integrazione. Quindi, è triste dirlo, ma si è arrivati a questo assurdo paradosso: chi ha i soldi ha speranze di uscire vivo da un ospedale; gli ultimi, gli anelli più deboli della catena, con un Isee da fame e senza il paracadute familiare, sono destinati a morirci dentro.

Da poco i parenti di questi anziani hanno provato a chiedere aiuto a Palazzo Ducale. Dovranno portare pazienza, con la speranza che i propri cari abbiano buona tempra e molta fortuna. Perché una corsia di ospedale è il posto meno salutare nel quale trascorrere le giornate. In un mese, un anziano debilitato può contrarre virus e batteri, e la vicenda dei sei contagiati di klebsiella è molto indicativa dei rischi reali. Altro problema: in un mese a fissare le pareti della stessa stanza, senza stimoli e attività, un anziano regredisce in maniera vertiginosa. Insomma la permanenza indotta in un reparto, per ragioni economiche e non di salute, si configura come una condanna a morte.

Per non parlare dei costi quotidiani che l’Asl deve sostenere per un ricovero improprio e così prolungato. Solo nel reparto di psichiatria le spese giornaliere per singolo paziente possono arrivare a 1000 euro. Ed ecco perché la riforma sanitaria insiste così tanto sulla deospedalizzazione dei pazienti e sulla presa in carico da parte delle altre strutture del territorio. Peccato però che la Regione predichi bene, e razzoli male. Dice l’assessore alle Politiche Sociali del Comune di Sassari Monica Spanedda: «In Bilancio non abbiamo più fondi da destinare per le integrazioni delle rette per le Rsa. Ogni anno spendiamo oltre un milione di euro, e quest’anno, rispetto al precedente, la cifra è incrementata di 250mila euro. Attualmente abbiamo in carico 59 pazienti, e fino a pochi giorni fa erano 68. Se la Regione non provvede a erogare dei finanziamenti più consistenti, allora il Comune non è in condizione di venire incontro alle tante richieste di integrazione. Eppure sarebbe nell’interesse della Regione la deospedalizzazione, ed è un principio base delle linee guida della riforma della nuova rete ospedaliera. Ridurre a zero i ricoveri impropri, liberare posti letto, risparmiare sui costi dei ricoveri e spostare l’assistenza sul territorio. Ma per realizzare tutto questo sarebbe opportuno rivedere anche la suddivisione delle risorse e potenziare i servizi domiciliari come l’Adi, o come nel caso in questione, la degenza all’interno delle residenze sanitarie assistite». Quindi il Comune, nelle lettere inviate ai familiari dei pazienti, in estrema sintesi ha risposto di non aver sufficienti soldi per intervenire e di non poter far nulla finché la Regione non rivede i finanziamenti per coprire questi capitoli di spesa. In pratica, in tempi di coperta cortissima, un’amministrazione non può più permettersi di far fronte anche ai costi che non le competono in prima battuta.

La conseguenza di questa spirale viziosa però, come già scritto, è devastante. A rimanere triturati sono gli ultimi della catena, i pazienti dimenticati a morire in un letto di un ospedale.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

In Primo Piano
Trasporti

Aeroitalia, voli in overbooking: è polemica su call center e check-in online

di Claudio Zoccheddu
Le nostre iniziative