La Nuova Sardegna

Sassari

Il convento cade a pezzi appello dei frati alla città

di Antonio Meloni
Il convento cade a pezzi appello dei frati alla città

Umido, scarafaggi e topi anche davanti alla cella che ospitò il Beato padre Zirano Inagibile il Centro studi, anche il chiostro in pericolo. Servono interventi urgenti

18 novembre 2016
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SASSARI. L'immagine più dolorosa è quel corridoio infestato da scarafaggi e piccioni morti, proprio dove si affaccia l'ingresso della cella che nel Cinquecento ha ospitato il beato padre Francesco Zirano. Ma lo sconquasso, provocato negli anni, dall'umidità di risalita e dall'evidente stato di abbandono, ha interessato anche la parte ottocentesca al punto che adesso un intervento di recupero è diventato urgente e improcrastinabile. Il convento di Santa Maria di Betlem sta letteralmente cadendo a pezzi, una situazione preoccupante che ha spinto la fraternità, dopo un lungo silenzio, a lanciare un appello alle istituzioni e a tutti coloro che hanno a cuore il destino della chiesa.

Il degrado. L'anno scorso era venuta giù una porzione del rosone che orna la facciata, i frati, pur temendo il peggio, avevano sperato che l'episodio potesse in qualche modo richiamare l'attenzione sulle condizioni del convento. La notizia aveva suscitato sorpresa e preoccupazione, poi più niente. Intanto l'umidità ha continuato a proseguire il suo corso silenzioso iniziato tanti anni fa, compromettendo pareti, squarciando tetti e creando, nel complesso, una situazione allarmante anche sul piano della sicurezza. Ora i frati dicono basta anche perché, oltre al degrado, si è aggiunta la beffa delle visite periodiche di qualche balordo che, approfittando delle pessime condizioni dell'ala Cinquecentesca, durante la notte entra nei locali del convento per fare i propri comodi.

Scarafaggi e topi. La situazione più grave è quella degli ambienti sopra il chiostro del 1200, in totale stato di abbandono: pareti lesionate, tetti squarciati con travi a vista che offrono riparo ai piccioni. Su ciò che resta dei pavimenti, polvere, guano, schiere di scarafaggi e i topi, che, immancabilmente, specie nelle ore notturne, fanno sentire la loro presenza. Il disastro provocato dall'umidità non ha risparmiato neanche l'atrio che precede la biblioteca e la sala "Sisco", dove fino a pochi anni fa lavorava con passione padre Marco Ardu, scomparso improvvisamente nei giorni scorsi a Oristano dove era stato trasferito nel 2013. Il Centro studi, che porta il nome della chiesa, fondato da padre Ardu negli anni Novanta, è stato chiuso perché i locali non sono più agibili. E si è fermata anche l'intensa attività di studio e ricerca che, grazie alla struttura, veniva portata avanti sul fronte storico e artistico. Va detto anche che l'umido sta cominciando a compromettere il chiostro, restaurato pochi anni fa.

Interventi urgenti. Insomma, a Santa Maria pare davvero arrivato il momento delle decisioni importanti e non solo perché si tratta di uno degli edifici sacri più antichi dell'Isola, ma anche perché la chiesa, che occupa un posto speciale nel cuore dei sassaresi, ha un valore simbolico pregnante. Santa Maria ha conosciuto padre Francesco Zirano e padre Antonio Sisco, è sede di alcune corporazioni nonché ultima tappa della discesa dei Candelieri. La sera del 14 agosto, diventa luogo per eccellenza dello scioglimento di quel Voto che nei secoli ha riunito il clero e le istituzioni cittadine nel ringraziamento alla Madonna per la peste scampata. Infine, è appena il caso di ricordare che Santa Maria è uno dei monumenti-simbolo della città, gioiello architettonico che assieme al Duomo di san Nicola e alla fontana di Rosello rappresenta Sassari nel mondo. Martedì il guardiano, padre Silvano Bianco, ha avuto un incontro informale con un funzionario del Comune e anche se non si conoscono i dettagli, si suppone che abbiano cominciato a fare il punto della situazione.

Una storia plurisecolare. Santa Maria ha una storia plurisecolare: tra il secondo e il terzo decennio del XIII secolo, la comunità francescana si insediò a Sassari, dopo aver ricevuto in dono il monastero di Santa Maria di Campulongu che nel 1106 fu donato dal giudice di Torres, Costantino I, ai Benedettini di San Vittore di Marsiglia. Negli anni 70 - 80 del XIII secolo fu modificato l'impianto della chiesa e del convento. Il primo intervento importante è databile tra il 1440 e il 1465 con la realizzazione, tra l'altro, di alcune cappelle in stile tardogotico e di una grande volta a crociera nel presbiterio. Nel XVII secolo fu aggiunta l'abside semicircolare ad ingrandimento del coro. Tra il 1829 e il 1834, la chiesa fu restaurata su progetto del frate architetto Antonio Cano e fu realizzata la cupola che sostituì il transetto precedente. Nel 1846, l'architetto Antonio Cherosu realizzò la torre campanaria in sostituzione del campanile gotico-catalano del XIV secolo.

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