La Nuova Sardegna

Sassari

La cava di Monte Unturzu potrà essere risanata

di Mario Bonu
La cava di Monte Unturzu potrà essere risanata

Sì della Regione al progetto di estrazione, al Comune di Siligo l’ultima parola L’attività continuerà ma i luoghi cari a Gavino Ledda saranno rimboschiti

09 febbraio 2017
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SILIGO. Era l’unico progetto superstite al forte “no” all’attività di cava nel territorio di Siligo espresso dal consiglio comunale, quello di Monte Unturzu-Pischina niedda della Sacit srl. Ed ora quel piano compie un passo importante verso la sua attuazione. Nei giorni scorsi, infatti, l’assessorato dell’Industria della Regione ha chiesto al Comune l’espressione di intesa prevista dalla legge, e il Comune avrà sessanta giorni di tempo per pronunciarsi. «Esclusivamente – precisa la nota della Regione – in conformità con la pianificazione urbanistica esistente o in assenza di questa previa delibera del consiglio comunale, sempre in tema di compatibilità urbanistica del progetto». Parere che non potrà che essere positivo, dal momento che il consiglio comunale, già nel dicembre 2015 aveva approvato all’unanimità una variante al Puc che cancellava circa 130 ettari destinati all’attività estrattiva, salvando solamente i sei ettari in località Monte Unturzu. Un salvataggio, quello della cava di sabbia ai piedi di Monte Santo, che può essere definito “strategico”, in quanto l’autorizzazione all’attività di cava implica anche il risanamento di una ferita che in quella località esiste da decenni.

Il progetto era stato presentato alla popolazione nel novembre 2015, e dopo le perplessità e le riserve iniziali, aveva convinto perfino Gavino Ledda, da sempre in prima linea in difesa dei luoghi di “Padre padrone”. «Per decenni le cave hanno provocato povertà – aveva dichiarato lo scrittore al nostro giornale – con proposte meschine da parte degli industriali di far arricchire i pastori dalla vendita dei loro terreni da utilizzare ai fini dell’estrazione. Ora, per fortuna, non sembra che sarà così». «Il presente progetto di cava – si legge nella relazione sull’impatto ambientale - va visto in un’ottica evolutiva, mirata cioè non solo al soddisfacimento degli obiettivi produttivi voluti durante l’attività, ma come step intermedio per effettuare il recupero dell’area che attualmente si presenta come un classico sito estrattivo abbandonato”. La superficie interessata è di poco meno di 6 ettari.

L’attività estrattiva avrà una durata di dieci anni, con un volume totale di sabbia estratta di 622mila metri cubi. Il metodo di coltivazione previsto è quello a gradoni. L’obiettivo, si legge ancora nella relazione, è quello del “recupero dell’area a fini naturalistici e agroforestali mediante attività di scavo e rimodellamento geomorfologico”. Chissà che per una volta non ci sia un incontro vero fra attività produttiva e rispetto della natura.

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