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Sassari, parla l'operatore ecologico pestato a sangue dal branco: «Calci e pugni, ho visto la morte in faccia»

di Gianni Bazzoni
Sassari, parla l'operatore ecologico pestato a sangue dal branco: «Calci e pugni, ho visto la morte in faccia»

Angelo Piras: "Ho sgridato alcuni ragazzi e mi hanno pestato". Salvo solo perché è rimasto in piedi

16 febbraio 2017
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SASSARI. «Uno è arrivato alle spalle e mi ha colpito con un pugno all’occhio, non ci vedevo più. Avevo bocca e naso pieni di sangue, non respiravo. Ho avuto la forza di restare in piedi altrimenti mi avrebbero ammazzato perché gli altri quattro hanno continuato a prendermi a calci e pugni come dei selvaggi. Si sono fermati solo quando hanno visto arrivare un’auto della vigilanza e dei giovani correre verso di me per aiutarmi. Sono vivo per miracolo...». Angelo Piras, 53 anni, sassarese, operatore ecologico, racconta così l’aggressione subita da parte del “branco”, cinque ragazzi che secondo lui erano quasi tutti minori. La sua colpa? Averli rimproverati perché alle sei del mattino di domenica stavano rovesciando i contenitori del vetro in viale Italia, tra l’Abetone e la tabaccheria.

Un occhio tumefatto, tre costole incrinate, un forte dolore alla spalla destra e la contusione della mandibola, Angelo Piras ricorda con lucidità quei terribili momenti. «Domenica, alle 6, ero impegnato nel mio turno di lavoro, avevo cominciato da poco meno di un’ora. Ho sentito le voci e il rumore del vetro rovesciato per terra. Ho poggiato gli attrezzi e mi sono avvicinato verso i ragazzi. Ho detto: smettetela, perché state facendo questo? Per tutta risposta si sono avvicinati e mi hanno circondato, ho fatto un passo indietro, uno è arrivato alle spalle e mi ha aggredito a tradimento con un pugno. Stavo per perdere i sensi ma ho resistito. É stata la mia salvezza...».

Angelo è padre di tre ragazzi, potevano essere suoi figli quelli che l’hanno pestato, almeno per quanto riguarda l’età. Ma non hanno avuto alcun rispetto, anzi si sono accaniti con una violenza inaudita e hanno desistito solo quando hanno capito che potevano essere bloccati. Solo allora sono scappati a piedi di corsa verso via Tavolara.

«Io sono una persona umile, un lavoratore – dice ancora Angelo Piras – mi alzo tutti i giorni alle 4 per cominciare il turno alle 5. Non manco mai, difendo con i denti il posto di lavoro perché la crisi è drammatica, ci tengo a fare bene le cose, mi piace la città pulita. Oggi provo un misto di rabbia e amarezza». Dopo l’aggressione Angelo ha raggiunto a piedi il collega che stava operando nella zona dell’Emiciclo Garibaldi e gli ha chiesto di dare l’allarme. In pochi minuti sono arrivate due pattuglie della polizia, gli operatori del 118, il responsabile del servizio. Angelo Piras è stato soccorso e accompagnato in ospedale a bordo dell’ambulanza. La prognosi iniziale è di una decina di giorni di cure. Intanto le indagini - affidate agli investigatori della squadra mobile - si muovono speditamente. Sono stati acquisiti i filmati delle telecamere della zona e proprio da quegli strumenti potrebbero arrivare elementi interessanti.

«Non ho paura – racconta ancora Angelo Piras – ma è evidente che serve più sicurezza per tutti. E il problema è tutto in casa nostra, nel senso che quei ragazzi erano italiani, insomma del territorio. Cosa ci fanno ragazzini, e anche ragazzine, di 15 e 16 anni in giro alle 6 del mattino. Spesso sono ubriachi o comunque alterati. Tutti i giorni raccolgo siringhe e altro. Credo serva una riflessione, a cominciare dalle famiglie. Io tornerò a fare il mio lavoro con la dignità di sempre, spero solo che questo fatto favorisca una riflessione collettiva. Lavoro da quando ho 14 anni, non ho mai fatto un passo indietro. Cosa devo fare d’ora in poi, girarmi dall’altra parte se vedo chi devasta la nostra città? É assurdo».

Sugli aggressori Angelo Piras non si dilunga troppo, non prova sentimenti di vendetta. «Sono un padre, un lavoratore e mi amareggia che questi figli non abbiano rispetto per niente. Spero che vengano individuati e che possano capire la gravità di ciò che hanno fatto. E mi auguro che la pena giusta sia quella di farli lavorare, tutti i giorni dalle 5 del mattino, come faccio io, per pulire la città. Ecco, questa sarebbe una bella lezione».

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