La Nuova Sardegna

Sassari

Carcere, la riabilitazione passa per il lavoro 

di Antonio Meloni
Carcere, la riabilitazione passa per il lavoro 

Al convegno “Prigione e territorio” il racconto di ex detenuti e degli imprenditori che li hanno accolti

01 giugno 2017
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SASSARI. Francesco ha simulato una rapina per tornare dentro, Davide ha lavorato qualche mese, poi ha ripreso a spacciare. Dopo quattro anni di carcere, Giovanni, laurea in legge e master all’estero, è entrato in crisi quando l’assistente carcerario, varcata la soglia del penitenziario, lo ha rimesso in libertà. Scampoli di storie vere, con nomi di fantasia, raccontate da Mario Dossoni, garante per i detenuti, durante il convegno “Prigione e territorio”, che si è svolto nell’aula magna dell’Università. Dalle tesi dei relatori emerge chiaramente che il ritorno alla realtà dopo anni di detenzione è sempre vissuto con grande sofferenza. Da una parte c’è un individuo reduce da un’esperienza difficile, dall’altra la diffidenza di una comunità impreparata ad accoglierlo, al centro le istituzioni chiamate a governare un delicato processo di riabilitazione. Importantissimi sono i progetti di riabilitazione che devono essere avviati già dentro il carcere in previsione di un ritorno che non è mai indolore. Tra le testimonianze più significative quella di Giuseppe Ongaro, titolare di una società, “Lavoro & futuro”, che a Verona ha trasformato una parte del carcere in un’impresa che occupa 120 detenuti: saldatori, falegnami, metalmeccanici, maglieriste con stipendi che oscillano tra i 350 e gli 800 euro mensili: «I passi da compiere sono almeno tre – spiega l’imprenditore – riacquisire il ritmo, stare lontani dalla malavita e cominciare a sperimentare il ritorno alla normalità». La tavola rotonda è stata moderata dalla giornalista della Nuova Sardegna, Daniela Scano.
Così, se l’imprenditore agricolo Angelino Olmeo, titolare di un’azienda vicina al carcere di Bancali, ha dato piena disponibilità alla riabilitazione di ex detenuti, lo psicologo Agostino Loriga (Consorzio Andalas de Amistade), ha riportato l’esperienza di un gruppo di ex carcerati che ha curato la manutenzione dell’area faunistica attorno allo stagno di Platamona. Costantino Spada (Baronia Verde) e Michele Ruiu (Fainas), hanno parlato di agricoltura sociale e la giovanissima Ilaria Manca (2M agricola) ha raccontato la storia di due ragazzi che per circa un anno hanno lavorato nella sua azienda. Luciano Piras (cooperativa Differenze) ha fatto il punto su un progetto di accompagnamento lavorativo che coinvolge un gruppo di detenuti della casa famiglia del centro salesiano, grazie alla collaborazione della diocesi turritana. Per riuscire nell’intento, però, è necessario il concorso di diverse realtà perché, per dirla con Monica Spanedda, assessore alle Politiche sociali del Comune, “Da soli non si va da nessuna parte, le strategie di rete sono fondamentali». Una menzione speciale merita l’iniziativa di Danila Pittalis, un’artista che nel carcere di Bancali ha avviato un laboratorio, finanziato dalla Caritas con i fondi dell’8x1000, che ha coinvolto un gruppo di detenuti autori di una trentina di bellissime icone sacre esposte ieri nell’androne del rettorato.
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