Le piante “velenose” sono anche una risorsa
L'OPINIONE - L’isola è ricca di specie che oltre a essere tossiche hanno proprietà medicinali e officinali. Moltissime anche le piante selvatiche di interesse alimentare
Qualche giorno fa, letto sulla Nuova della presenza del panace di Mantegazza, considerando che effettivamente si tratta di una pianta invasiva possibilmente dannosa anche per la salute umana, ho provveduto a fare un sopralluogo, accertando che, al contrario, si trattava di una specie autoctona e di questo, con il prof. Brundu, abbiamo dato subito informazione alla Nuova per evitare inutili allarmismi. La successiva intervista al collega Giuseppe Brundu, in modo efficace, ha chiarito i molti aspetti del problema delle piante tossiche esotiche. In titolo “L’isola delle piante velenose” certo giornalisticamente efficace, tuttavia invece di depotenziare l’allarme sembra accrescerne gli effetti.
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Le piante non sono né buone né cattive; le piante hanno proprietà e caratteristiche, al pari degli animali, frutto dell’evoluzione e dell’adattamento alle condizioni ambientali, che consentono loro di competere e di sopravvivere nel tempo e diffondersi nello spazio. Così, mentre alcune si proteggono con le spine o nascondendo le gemme sotto terra, altre si tutelano con la produzione di sostanze tossiche che sono sgradite agli animali e naturalmente anche alle persone. Gli animali sanno bene che digitale, mandragora, elleboro, peonia, stramonio, euforbie, oleandro e tante altre sono velenose, ed è proprio per questo che le evitano e possono crescere e propagarsi indisturbate nelle nostre campagne.
È vero che piante cosiddette tossiche (un concetto umano ma non ecologico) oltre a potere provocare danni a chi imprudentemente senza conoscerle ne viene a contatto o le consuma – confondendo, ad esempio, la cicuta con il crescione o i legumi della puzzolana con i fagioli – possono provocare danni più o meno gravi e in alcuni casi anche mortali. Ma piante cosiddette velenose, proprio per la presenza di queste sostanze tossiche hanno anche altre proprietà, ossia di essere medicinali e curative. Diversi funghi sono tossici, ma da altri sono stati ricavati la penicillina e antibiotici vari, dalla digitale si estrae la digitalina e dall’efedra l’efedrina che sono importanti cardiotonici. Questo solo per citare due casi di piante velenose. Per altro, il curaro, il chinino, gli alcaloidi, le cumarine, i glucosidi, la cocaina, l’oppio, l’eroina, la marijuana, per citare sostanze medicinali tra le più conosciute, sono ottenute dalle piante in diverse parti del mondo. È noto che, sino alla scoperta dei prodotti di sintesi grazie ai progressi delle scienze chimiche, la medicina ha avuto come base dei principi curativi proprio la gran parte delle piante che consideriamo tossiche. Ovviamente, i principi attivi per avere benefici e non danni alle persone e agli animali domestici devono essere acquisiti nelle giuste dosi e modalità.
La diffusione nelle nostre montagne di digitale, peonia, elleboro e per altri versi anche molte piante aromatiche come specie di grande interesse officinale – per citarne solo alcune: lavanda, timo, elicriso, teucrio – è dovuto anche al fatto che gli animali al pascolo, conoscendole, le rifiutano e così si diffondono divenendo abbondanti a scapito di quelle gradite agli animali al pascolo.
La Sardegna oltre ad essere isola di piante velenose è dunque (anche con le stesse specie) isola di piante medicinali e officinali in genere. Ed ancora, è terra di piante selvatiche di interesse alimentare tra le più ricche nelle isole del Mediterraneo. Resta il problema che l’avvelenamento da piante spontanee o piante coltivate in giardino non è una cosa rara, ma la colpa non è certo delle piante bensì della confusione da parte di chi eventualmente le usa ignorandone le proprietà. Non si tratta quindi né di demonizzare, né di esaltare le piante esotiche, tra l’altro un gran numero di specie coltivate, dalla patata al mais, dall’anguria al pomodoro, dal peperone agli agrumi, hanno una origine in paesi lontani dalla Sardegna. E resta particolarmente grave il problema delle invasioni biologiche, sia di piante sia di animali che hanno effetti fortemente negativi sulle colture agrarie e sull’ambiente in generale, su questi aspetti di certo la stampa ha un ruolo fondamentale per promuovere la conoscenza dei tanti aspetti che ne sono coinvolti.