La Nuova Sardegna

Sassari

Faradda, i Facchini ammessi alla Discesa ma il prezzo è salato

di Antonio Meloni
Faradda, i Facchini ammessi alla Discesa ma il prezzo è salato

La commissione storica dà il via libera al nuovo ingresso Ma il Gremio dovrà snaturarsi nell’abito storico e nel nome

24 luglio 2017
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SASSARI. Le polemiche ancora vive sulla crisi in atto a Palazzo Ducale non saranno l’unico “condimento” di questa torrida estate turritana. Dalla conclusione dei lavori della commissione storica per i candelieri, arrivano alcune importanti novità che faranno alzare ulteriormente la colonnina di mercurio. Dopo una ponderata valutazione l’organismo tecnico, composto da Paolo Cau (Archivio storico), Giancarlo Zichi (Curia) e Salvatore Spada (Intergremio), ha espresso il proprio parere sull’ammissione alla Faradda del dodicesimo gremio, quello dei Facchini.

Le condizioni. La Commissione impone una serie di condizioni non lievi che prevedono modifiche sostanziali nel nome e nell’abbigliamento dello storico sodalizio devoto alla Madonna della Mercede. Tutto scritto nero su bianco in una relazione che i giorni scorsi è stata trasmessa al sindaco Nicola Sanna. Tirando le fila di una lunga fase istruttoria, svolta tra settembre scorso e maggio di quest’anno, la Commissione considera, dunque, vincolante l'ammissione dei Facchini alla modifica dell’intitolazione da “arcigremio” a “gremio”, che, anche graficamente, dovrà essere estesa agli atti ufficiali e alla comunicazione esterna del sodalizio.

Le prescrizioni. Ancora, prescrive che vengano eliminate dalla loro divisa la cappa bianca e la feluca in quanto ritenute poco consone alla tradizione gremiale. Non è tutto, qualora i Facchini vogliano partecipare alla discesa del 14 agosto, dovranno eliminare anche la spada, fatta eccezione per l’obriere maggiore, che, stando alla valutazione tecnica, sarebbe l’unico titolato a portarla. Dal vestito dovrà sparire anche la fascia a bandoliera così come era stato imposto, l’anno scorso, ai Macellai. Va da sé che queste conclusioni sono supportate da una serie di argomentazioni ben circostanziate, esito di un’attenta valutazione, tra cui un periodo di monitoraggio del gremio da parte della Commissione (conclusosi a maggio), nuove audizioni dei rappresentanti dei Facchini e il parere di alcuni autorevoli membri dell’Intergremio.

Primi mugugni. La decisione farà certo discutere e più di un mugugno si leverà, come è prevedibile, non solo dai diretti interessati, ma anche dalla commissione intergremiale che, a suo tempo, aveva avanzato la proposta di ammissione senza sostanziali condizioni.

Nuovo nome. Così non è stato, i Facchini, infatti, dovranno cambiare non solo il nome, ma anche l’abito da cui dovranno rassegnarsi a eliminare indumenti e accessori che indossano da più di trent’anni.

L’abito. La divisa del gremio devoto alla Mercede dovrà essere rivista escludendo proprio quegli elementi a cui la compagine è intimamente legata per ovvie ragioni anche di carattere storico. La Commissione, al contrario, ritiene che quegli indumenti siano estranei al contesto socio-culturale della Faradda e più consoni a quelli indossati da confraternite e corpi militari.

L’ultima parola. Naturalmente l’ultima parola spetta al consiglio comunale a cui è demandato il compito di scrivere la parola fine su questa vicenda e modificare il regolamento n. 46 del 12 luglio 2016, nella parte relativa alla composizione e alla partecipazione alla Discesa. Come si ricorderà, la questione era stata sollevata l’anno scorso quando, accolte le richieste dell’Intergremio, la commissione storica aveva espresso parere favorevole all’ingresso dei Macellai e avanzato alcune riserve sui Facchini per i quali erano state riscontrare delle “criticità”. Dopo lunghe discussioni e altrettante polemiche, l’assemblea civica aveva quindi preso una decisione salomonica restando, comunque, nel solco tracciato dalla commissione storica. I Macellai, infatti, erano stati ammessi da subito, per i Facchini era stato individuato un percorso diverso, più lungo. La querelle si era conclusa concedendo loro un anno di tempo per adeguarsi alle prescrizioni della Commissione. La sensazione che si respira oggi, però, è che questa conclusione a molti lascerà quanto meno l’amaro in bocca.

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