La Nuova Sardegna

Sassari

L’aggravante: l’uso della bacheca “social”

La Suprema Corte, con la sentenza numero 50 del 2017 della sezione I Penale, ha ribadito che «la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l’uso di una bacheca “facebook” integra un’ipotesi...

04 ottobre 2017
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La Suprema Corte, con la sentenza numero 50 del 2017 della sezione I Penale, ha ribadito che «la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l’uso di una bacheca “facebook” integra un’ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell’articolo 595 terzo comma del codice penale, poiché trattasi di condotta potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato o comunque quantitativamente apprezzabile di persone».

E su questo tema c’è un interessante approfondimento di Michele Iaselli, avvocato e docente di informatica giuridica, che nel sito internet “Altalex” spiega molto bene come «l’aggravante dell’uso di un mezzo di pubblicità, nel reato di diffamazione, trova la sua ratio nell’idoneità del mezzo utilizzato a coinvolgere e raggiungere una vasta platea di soggetti, ampliando – e aggravando – in tal modo la capacità diffusiva del messaggio lesivo della reputazione della persona offesa, come si verifica ordinariamente attraverso le bacheche dei social network, destinate per comune esperienza a essere consultate da un numero potenzialmente indeterminato di persone, secondo la logica e la funzione propria dello strumento di comunicazione e condivisione telematica, che è quella di incentivare la frequentazione della bacheca da parte degli utenti, allargandone il numero a uno spettro di persone sempre più esteso, attratte dal relativo effetto socializzante».

Anche in questo caso il riferimento è a una sentenza della Corte di Cassazione, per la precisione la numero 24431 del 28 aprile 2015. (na.co.)

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