La Nuova Sardegna

Sassari

“Su Montigheddu” di Ossi è patrimonio archeologico

di Pietro Simula
“Su Montigheddu” di Ossi è patrimonio archeologico

La Commissione per i beni culturali dichiara il sito di «particolare interesse» La scoperta della necropoli nel 1974 durante i lavori all’interno di una vigna 

30 ottobre 2017
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OSSI. Il complesso di “Su Montigheddu”, in territorio di Ossi, a due passi dalla chiesetta romanica di Sant’Antonio di Briave, è stato dichiarato di «particolare interesse archeologico». E quindi dovrà essere sottoposto a tutte le relative disposizioni di tutela previste dalla legge.

L’importante riconoscimento è arrivato dalla Commissione regionale per il patrimonio culturale della Sardegna, competente in materia su delega del Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo. Il procedimento era stato avviato nel giugno scorso dalla Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Sassari e Nuoro. «Si ritiene che l’area rivesta particolare interesse - si legge nella nota inviata a suo tempo dalla Soprintendenza - in quanto vi insiste un insediamento di età nuragica e romana, con strutture in parte messe in luce da recenti scavi abusivi». La relazione che l’accompagna fa la cronistoria del complesso venuto alla luce qualche anno fa, descrivendone le caratteristiche e gli elementi che ne certificano il «particolare interesse» riconosciuto dalla Commissione regionale. Il complesso di “Su Montigheddu” si trova sull’omonima collinetta, a circa 200 metri dalla chiesa di Sant’Antonio di Briave, dalla quale risulta separata dalla SP 97 nel tratto che da Florinas conduce a Banari. In corrispondenza della chiesa nel 1974, in occasione dei lavori per l’impianto di una vigna, è stata identificata una consistente necropoli di età romana, alla quale già allora viene collegato l’insediamento di Su Montigheddu. Secondo alcune informazioni bibliografiche (A. Moravetti, Necropoli romana in località S. Antonio - Ossi; P. Derudas, Archeologia nel territorio di Ossi) sul terreno si leggono tracce di strutture rettangolari affioranti e si rinviene una notevole quantità di frammenti relativi a ceramica da cucina, da mensa e da trasporto. A seguito di scavi non autorizzati nel 2017, si apprende dalla relazione della funzionaria della Soprintendenza Nadia Canu, lungo il versante settentrionale del pendio è stata in parte tagliata e in parte messa in luce una struttura in blocchi calcarei di andamento circolare superiore ai 2 metri, che presenta una nicchia e può essere identificata con l'interno di una capanna di età nuragica. Il terreno circostante è ricco di materiali caramici, che sembrano tutti inquadrabili nel periodo romano, nonché di strutture affioranti, alcune ad andamento rettilineo, altre ad andamento curvilineo.

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