La Nuova Sardegna

Sassari

«Mio padre lasciato a digiuno per 48 ore»

Nadia Cossu
«Mio padre lasciato a digiuno per 48 ore»

Racconti choc nel processo a carico del neurologo Dore e altri 20 imputati. Un teste: scotch nelle caviglie dei malati

14 febbraio 2018
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SASSARI. La teoria del neurologo di Ittiri Giuseppe Dore era che quella anziana paziente di Dolianova arrivata da lui con una diagnosi di Alzheimer non avesse mai superato il trauma della perdita del proprio padre, morto quando lei era ancora bambina. E questo l’aveva portata a instaurare un rapporto eccessivamente forte con il marito. Ecco perché, ora che la donna era malata, «bisognava rompere questo legame – racconta una delle due figlie della paziente di Dolianova Agnese Boi e di Cosimo Sarra, che per quei fatti fu persino arrestato – bisognava tagliare con la famiglia. I miei genitori si trasferirono a Ittiri perché mia madre potesse seguire meglio la terapia. Mio padre, questo era l’ordine di Dore, doveva vederla poco e non essere gentile con lei perché l’eccesso di affetto sarebbe stato controproducente». E l’uomo obbediva, e in quel paese che non conosceva, lontano dalla sua Dolianova, «quando non poteva stare con la moglie passava il tempo in chiesa, perché fuori c’era freddo».

Il processo. È proseguita ieri mattina con le testimonianze di alcuni familiari di pazienti il processo a carico del neurologo di Ittiri Giuseppe Dore, della collega Marinella D’Onofrio e di altri medici, politici, dirigenti Asl dell’epoca e familiari di pazienti (in tutto 21 imputati) accusati a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata alla truffa, abuso d’ufficio, maltrattamenti, lesioni, sequestro di persona e omicidio colposo. Al centro dell’inchiesta condotta dal procuratore Gianni Caria la Psiconeuroanalisi: pazienti maltrattati – è l’accusa – in nome di una sorta di “rinascita”. La contestata terapia era stata ideata dal neurologo di 47 anni che “rinnegava” la somministrazione di medicinali a favore di un modello di cura dell’Alzheimer e di alcune forme di demenza che si basava su esercizi linguistici e vitamine. E, in alcuni casi, prevedeva anche che i familiari mostrassero distacco e rigidità nei confronti dei propri cari malati.

La testimonianza. «Quando andai a Ittiri – ha detto in aula la figlia di Agnese e Cosimo – trovai mia madre molto dimagrita, agitatissima, impaurita. Anche mio padre era irriconoscibile, era come se non provasse più affetto nei nostri confronti. Quelli non erano più i miei genitori. Gli dissi: “Tornate a casa, mamma non sta migliorando, andiamo via insieme da qui”. Lui mi rispose di no perché Dore gli aveva detto che mancava poco, che stava arrivando il famoso “sblocco psicologico”». Che in realtà non ci fu mai.

Da Roma a Ittiri. In aula anche il figlio di un paziente che nel 2012 arrivò a Ittiri da Grotta Ferrata (Roma) dopo aver letto della miracolosa Psiconeuroanalisi su internet (il fratello del teste, Andrea Di Carlo, fu arrestato all’epoca). «Mio padre in quel periodo andò a vivere in una casa di Porto Torres. Lo vidi tre volte in un anno, mi fu suggerito di non andare spesso perché la mia presenza avrebbe destabilizzato la terapia».

Scotch nelle caviglie. «Gli veniva messo lo scotch nelle caviglie perché riuscisse a fare solo piccoli passi, per non stancarsi, diceva il medico. E poi doveva fare degli esercizi con le mani, ascoltava parole complicate seduto nella sedia e mentre faceva gli esercizi, questo era l’ordine dato dal neurologo, non poteva mangiare né dormire». E a precisa domanda del pm, la risposta: «Sì, è capitato che sia rimasto anche per due giorni senza dormire né mangiare». E poi le indicazioni sulla terapia: «La cura prevedeva un certo tipo di atteggiamento con papà – ha raccontato ai giudici il giovane testimone – E cioè non bisognava trattarlo come un malato, né fargli vedere che era debole, non essere accondiscendenti. Dore ci diceva che era affetto da isteria e che sarebbe guarito. Mi disse che se non avessi collaborato nella terapia mi sarei ammalato anche io come mio padre». Altra risposta choc a una domanda del pm: «Dore un giorno disse a mio fratello che ero la causa della malattia di mio padre».

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