La Nuova Sardegna

Sassari

Il caso Orosei e il far west delle piscine senza regole

Il caso Orosei e il far west delle piscine senza regole

L’esperto: «Serve una norma regionale». Il bagnino: «Sicurezza da garantire»

05 settembre 2018
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SASSARI. Vengono immaginate e realizzate per garantire il relax di chi le frequenta. Proprio per questo motivo, le piscine dovrebbero essere sicure e affidabili. Purtroppo, spesso capita il contrario per colpa di un legisltore distratto, manca una norma che imponga determinate dotazioni, e di proprietari che si fidano della sorte lasciandole incustodite dal punto di vista della sicurezza. Alessandro Deidda, consigliere di Assopiscine, inquadra subito il problema: «Manca una norma di riferimento, soprattutto per quanto riguarda la sicurezza e la manutenzione.

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L’unico riferimento è una legge europea che colma il vuoto ma non basta, serve una norma nazionale e una regionale perché se prima le piscine erano un bene di lusso, adesso sono alla portata di più persone. In Sardegna ce ne sono circa 10mila». Il passo più importante, dunque, è colmare il vuoto normativo, stabilire i metodi di costruzione e mettere a fuoco il problema della manutenzione, che è fondamentale. «Esiste una figura professionale a cui ci si dovrebbe rivolgere quando se ne vuole costruire una: il piscinologo – spiega Deidda – molti, proprio a causa del vuoto normativo, si rivolgono a manovali e idraulici, che ovviamente non hanno le stesse competenze

. E poi le manutenzioni. Nel sud dell’isola spesso vengono monitorate dalla Asl, mentre in Gallura questo succede molto di rado, solo per are un esempio. E chissà, se la piscina di Orosei fosse stata controllata da esperti probabilmente non sarebbe mancato il filtro antivacuum che è stato studiato proprio per evitare che chiunque, bambini compresi, potesse essere risucchiato dalle pompe o si incastrasse nella reticella». Anche la questione della profondità è un dibattito aperto: «Dicono che sotto il metro e 40 di altezza non sia necessario un bagnino – conclude Deidda–, non è assolutamente vero. Quella è una norma adottata dalla regione Lombardia che è stata poi ripresa in tutta Italia ma non ha alcun valore. Per garantire la sicurezza dei bagnanti è sempre necessario assumere un bagnino».

Lo conferma Massimiliano Petrucci dello Iamas, la società che riunisce gli “istruttori nelle arti marinaresche per il salvataggio”: «Una piscina non può essere sicura senza un bagnino, a prescindere dall’altezza del fondo. Un bambino annega anche in trenta centimetri d’acqua, figuriamoci in 1,40 metri. E basta un attimo perché accada una tragedia o quello che in gergo viene definito “annegamento silenzioso” che può essere dovuto anche a un malore».

Ma il bagnino, da solo, non può essere in grado di operare nel migliori modo possibile: «È quello che diciamo a tutti gli allievi dei nostro corsi: esistono delle regole da rispetta e delle dotazioni di sicurezza da avere sempre a portata di mano – spiega ancora Petrucci –. Ad esempio, il taglio diagonale sulla piscina, ovvero una linea che la attraversa in diagonale a i margini è necessario posizionare i salvagente e la postazione del bagnino. Non possono mancare, invece, il kit del pronto soccorso e il pallone Ambu, che può aiutare l’attività respiratoria o favorire le manovre per la rianimazione. In realtà servirebbe anche il defibrillatore semiautomatico, che può salvare la vita. Per stare tranquilli, poi, sarebbe sufficiente seguire i consigli e le regole imposte dai bagnini». (c.z.)
 

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