La Nuova Sardegna

Sassari

Sassari, vite buttate dentro una slot

Giovanni Bua
Sassari, vite buttate dentro una slot

Oltre 355 milioni l’anno inceneriti in macchinette e gratta e vinci, in 156 in cura al Serd

27 settembre 2018
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SASSARI. Cercano di grattare via con una moneta problemi, ansie, insoddisfazioni. Compulsano sovraeccitati i tasti di ammiccanti macchinette, che tra luci e colori ingoiano buste paga, pensioni, risparmi, intere vite. Si attaccano al pc a notte fonda, quando la famiglia dorme, e si aggirano tra casinò virtuali, scommesse e tavoli di poker. Si esaltano e si disperano. E, più o meno lentamente, sprofondano.

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Si chiama azzardopatia, o secondo i servizi sanitari dedicati alle dipendenze, che sempre di più si stanno occupando del problema, disturbo da gioco patologico. E i numeri che la riguardano, figli di una crisi economica e sociale lunga e profonda, sono impressionanti. E soprattutto in costante crescita: 355 milioni spesi nel Sassarese nel 2016 (i dati della città non sono stati mai richiesti all’agenzia delle dogane e dei monopoli), 30 in più dell’anno precedente. Di cui 256 ingoiati da vecchie e nuove Slot, 46 dai gratta e vinci, 30 dal lotto, 10 dal superenalotto. Una spesa stimata di 600 euro annui per abitante, compresi i neonati. E quasi il 56 per cento di utenti in più dal 2016 al 2018 in cura al Serd, principalmente uomini (120 su 156) e con un età media tra i 45 e 64 anni.

«Ma le fasce sociali e le età sono tutte rappresentate – racconta Gregorio Salis – il disagio economico certamente è uno dei motori principali che porta alla dipendenza. Ma da noi ci sono imprenditori e professionisti. Che magari si sentono perdenti nella vita, per problemi in famiglia, sul lavoro. E lo compensano convincendosi di essere vincenti nel gioco. Anche se nel gioco nessuno vince mai». Lui è uno psicologo e fa parte del gruppo di 6 esperti che nel Serd seguono l’azzardopatia, «Che il manuale diagnostico – sottolinea un altro membro del team, il suo collega Giuseppe Usai – ha finalmente classificato come dipendenza. E che con la dipendenza da sostanze ha tantissimo in comune. Soprattutto nella ricerca compulsiva di eccitazione, di soddisfazione. Seguita dai sensi di colpa e dalla sensazione di perdita quando ci si ferma. I soldi finiscono per essere solo uno dei problemi. E finché tutti i soldi non sono finiti non si smette mai di giocare».

Il nemico principale sono le slot. A Sassari ce ne è una ogni 105 abitanti, il quarto comune italiano con maggior concentrazione. E, come recita il giudice del Tar Caro Lucrezio Monticelli in una sentenza del luglio 2018 che riconosce al sindaco il diritto di fissare limiti orari per le sale giochi: «La ludopatia è diffusa in ampi strati della popolazione e minaccia valori di indiscussa rilevanza generale come la salute, l’ordine pubblico, il benessere economico e sociale».

Contro di loro da anni ingaggia una fiera battaglia il gruppo NoSlot, costituitosi proprio in questi giorni in una Onlus regionale. «Accompagnavo mia madre a ritirare la pensione –racconta la presidente Michela Pilicchi Manca . Vedevo le signore anziane uscire dalle poste e andare in un bar di fianco. Una mattina sono entrata. Le ho trovate mettendo dentro le macchinette tutti i soldi appena presi. Come automi, in una saletta buia sul retro del locale. Ho capito che dovevo fare qualcosa». Da lì sono iniziate le campagne e i flashmob, le vetrofanie per i bar che rinunciano alle slot, gli incontri con le scuole, con un progetto regionale in partenza in questi giorni. È “Azzardopatia – Scommettiamo su di te” promosso dall’associazione sassarese Crew e finanziato dall’assessorato regionale della Pubblica istruzione. «Quello che serve – sottolinea Lisa Benvenuto, membro di Crew e consigliera comunale a Sassari – è una sensibilizzazione contro i rischi che sia strutturata in maniera capillare. Soprattutto per proteggere la fascia più a rischio: i giovani».

Si calcola che 20 adolescenti su 100 tra i 10 e i 17 anni siano nel mirino. «Anche se teoricamente il gioco sia già proibito ai minorenni – attacca Marco Ladu –. Ma nessuno ha un vero interesse a controllare. E invece rendere il gioco più difficile spostando le sale, svuotando i bar dalle macchinette, smettendo di offrire i gratta e vinci alla cassa dei supermercati, ha effetti immediati. Spesso durante queste “pause”, queste mancanze, le persone metabolizzano di avere un problema. E fanno il primo passo verso la soluzione». Lui dirige S’aspru, una comunità di recupero agro-pastorale nelle campagne di Siligo. Dove da qualche anno hanno iniziato ad arrivare i casi più “pesanti” di dipendenza. «Quelli – spiega padre Salvatore Morittu, fondatore di Mondo X Sardegna, di cui S’aspru fa parte – che da soli non ce la possono fare. E hanno bisogno di un progetto di autentico recupero, dove le necessità sono le stesse che si presentano per le altre dipendenze. Ma attenzione, rispetto alle altre dipendenze il volto del malato di azzardo è normale. E questo gli permette di nascondersi, e alimentare il suo problema senza che gli altri se ne possano rendere conto».

Un malato “normale” che è dentro ognuno di noi, che tra una grattata e una scommessa, non si rende conto di impegnare sempre più energie e risorse a caccia di un «pensiero magico» che non si realizza mai. Per aiutare il quale serve una reazione compatta della comunità. E strumenti normativi all’altezza. Il sindaco Nicola Sanna ha dotato Sassari di un’ordinanza che limita gli orari delle sale e premia con sgravi fiscali chi rinuncia alle macchinette. Ad Alghero Mario Bruno ha sfidato il vuoto normativo individuando i luoghi sensibili da tutelare. Tutti aspettano una cornice legislativa regionale. Con la proposta presentata da Daniela Forma che ieri è arrivata in sesta commissione. «La sensibilizzazione – dice il presidente del Consiglio regionale Gianfranco Ganau – dev’essere capillare. Mi impegno affinché la proposta di legge sia discussa presto e approvata in aula. Non si può più aspettare».
 

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