La Nuova Sardegna

Sassari

Sassari, dai residenti della città murata un grido d’aiuto: ascoltateci

di Giovanni Bua
Sassari, dai residenti della città murata un grido d’aiuto: ascoltateci

Comincia un confronto serrato: servono risposte, ma anche orgoglio

18 ottobre 2018
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SASSARI. «Pensavo potesse essere un momento di festa, io che qui sono nato e vissuto per 44 anni. Io che quanto di bello abbiamo e facciamo lo so, lo conosco. Ma mi trovo invece a parlare di un’altra giornata da far west. Gente che si fa giustizia da sola, macchine bruciate. E poi spaccio, prostituzione. Perché? Cosa succede? Perché non ci ascoltano, perché non ci ascoltiamo?». Spariglia subito le carte il presidente del comitato centro storico Giovanni Ruiu, chiarendo che il confronto convocato martedì sera in via Maddalena, tra le mura di un piccolo circolo nella città murata che spesso ha aperto la sua sala per parlare di cultura, iniziative, rinascita, non sarà palcoscenico di chi si lamenta di una “narrazione” sbagliata, ma luogo di confronto per chi il grande cuore stanco di Sassari vuole provare a curare.

E il dibattito che per oltre tre ore scorre, sincopato da veloci interventi in cui ognuno si sveste di ruoli e incarichi, e dice solo il suo nome raccontando il suo pezzo di vita e di verità, è vero, costruttivo. Pieno di rabbia, sogni, recriminazioni e proposte, coraggio e paura, voglia di ripartire e timore di non avere più il tempo, i mezzi, per farlo.

Voglia come quella che ha Luigi Nappi, 70 anni, gommista in pensione, che vive nel palazzo di vicolo della Canne degli spari alla facciata e dell’auto bruciata, e che ogni tanto scende: «In mazza da baseball e mutande. A far scappare tutti quei sassaresi figli di papà che qui vengono a fare bisboccia fino a notte fonda, sporcando e distruggendo. Il rispetto per la nostra città, prima di tutto, che ci dobbiamo riguadagnare, a costo di uscire di notte per le strade». O come quella di Lalla Careddu, consigliera comunale, che parla di problemi di ordine pubblico diffuso, e di come: «In via Luzzati è bastato rifare una facciata e aprire un bar. Perché i luoghi bisogna occuparli, non può essere la polizia a cambiare le cose, dobbiamo essere noi. Io al centro ci passeggio, venite con me». C’è poi Sebastiano Casu, già dirigente Confcommercio, che ricorda la “cura da cavallo”, quando anni fa la città vecchia venne sventrata per rifare i sottoservizi, col mercato chiuso: «Un insieme di eventi che furono una mazzata da cui non ci si è più ripresi. Perché senza un propulsore economico la città muore». E ancora Rita Marras, che parla di ex Turritania e Centro Intermodale, di sogni negati e necessità oggettive e di quella “narrazione sbagliata” che fa solo danni. Con lei Michelle Kramer, dagli anni ’90 in prima linea con Girovagando: «Abbiamo sempre cercato di portare la gente a vedere il centro, a vederne la bellezza e anche il degrado. A far capire che la multiculturalità è una ricchezza che va accettata. Lavoriamo con i fatti, non con le paure, e non chiudiamo la porta». Porte che chiede di tenere aperte anche Manuela Palitta, assessora ma soprattutto “accudita” nella città vecchia da 30 anni: «Lo considero il mio paese, mi muovo a piedi e compro dalle botteghe vicine, sempre meno purtroppo. Penso che ognuno debba occuparsi del proprio uscio».

«Perché io non mi vergogno di come mi raccontano», dice Bruno Oggiano, che spiega di parlare a ragion veduta, perché suo padre vinaio «ha ubriacato tutta Sassari». «Io mi sento offeso da come il centro è ridotto. Rifacciamo le strade, le facciate, diamo i soldi a chi nel centro ci vive, ci crede. E la gente tornerà». «Dobbiamo ricucire – spiega Michele Farris – i pezzi del centro, e il centro col resto della città. E riprendere la voglia di scandalizzarci, con chi sporca, disturba, rompe, delinque». «C’è un problema economico, ma anche sociale – sottolinea la consigliera comunale Consuelo Sari –. E vorrei sapere come ci sentiamo noi sassaresi quando affittiamo gli scantinati a 200 euro a testa agli extracomunitari, vorrei sapere chi ci guadagna da questo degrado». «Non è vero che in 20 anni non è cambiato niente – sottolinea l’assessore Antonio Piu – 100 palazzine di famiglie sassaresi sono state ristrutturate 200 possono essere abbattute. E si sono aperte tante piccole e grandi strade. Non basta, ma è un inizio vero». «C’è un piano particolareggiato che permette di ristrutturare, ricostruire, demolire – gli fa eco il consigliere comunale Lello Panu – dobbiamo essere i primi a conoscere meglio quali sono le possibilità». Che per l’ex vicesindaco Bruno Murgia hanno la forma dell’ex Turritania: «Diventi la sede delle associazioni. Ripartiamo da lì». Poi il preside di Architettura Giovanni Maciocco: «Il problema del centro storico è la città. E cosa vuole diventare. Bisogna ragionare, fare progetti come sonde conoscitive, per capire, prima di fare». «É il vuoto, lo spopolamento la prima fonte di disagio, di paura – ha chiuso il sindaco Nicola Sanna –. Perché qui siamo passati da 40mila a 7mila residenti, di cui 2mila immigrati. Sono sparite 20mila buste paga del petrolchimico. Il contesto è cambiato radicalmente, e non si tornerà indietro. Quella che le amministrazioni combattono è una battaglia quotidiana, di piccoli accorgimenti o attenzioni, e anche di errori e fallimenti. Ma anche di progetti a medio e lungo termine a cui la burocrazia, spesso, taglia le ali. Centro intermodale, ex Turritania, mobilità alternativa, detassazione per le imprese, piano particolareggiato, vie dei Gremi. Tanti passi da fare, insieme. Parlando come oggi, senza paura e senza nascondersi. Perché Sassari rinasce solo insieme al suo cuore antico, che batte in queste strade e nel petto delle persone che ci vivono e ci combattono».

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