La Nuova Sardegna

Sassari

Massimo Zedda: «Ripartiamo dai Comuni per rilanciare la Sardegna»

Luca Rojch
Massimo Zedda: «Ripartiamo dai Comuni per rilanciare la Sardegna»

Il candidato governatore lancia la sfida e punta sui piccoli centri dell’isola. Ma rivendica il primato della politica, l’attenzione ai trasporti e alla sanità

10 dicembre 2018
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SASSARI. La rivoluzione dei sindaci parte da Massimo Zedda. Il candidato governatore del centrosinistra poggia le fondamenta della coalizione sulla moltitudine di primi cittadini che lo sostengono. E di un Pd che è rimasto sullo sfondo, ma ha già dato il suo endorsement al sindaco di Cagliari. Zedda è esperto in sfide impossibili. È un ribaltatore seriale di pronostici. Sconfitto Cabras alle primarie per il Comune di Cagliari. Strappato dopo 20 anni il municipio al centrodestra. Riconfermato al secondo mandato. Ora Zedda cerca di rilanciare le quotazioni del centrosinistra.

Sindaco perché ha deciso di candidarsi?

«Perché penso di essere in grado di creare sviluppo e occupazione per la Sardegna e per i sardi. Sono convinto che l’isola possa ripartire se a ripartire sono le città e i paesi della Sardegna. Le realtà più grandi possono rafforzarsi se lo sviluppo e il benessere coinvolgono anche i piccoli centri. Le realtà più forti economicamente possono essere da sostegno per le altre. Dobbiamo iniziare a pensare a una Sardegna diversa. Unita in cui paesi e città lavorano in sinergia. Ma ritorno alla domanda. Ho avuto il sostegno disinteressato di tanti amministratori, della società civile. Abbiamo condiviso tutti la stessa idea di poter dare un contributo per la Sardegna».

Ma secondo lei in Sardegna esiste un partito dei sindaci?

«Non esiste un partito dei sindaci, anche se “Italia in Comune” di Pizzarotti ha una larga base di amministratori. Ci sono sindaci, alcuni con la tessera di partito, altri senza. Tutti accomunati dalle stesse difficoltà. Quello che mi ha fatto più piacere è che tra i più entusiasti a chiedere la mia candidatura siano stati i sindaci dei piccoli comuni. Da loro è arrivato l’immediato sostegno. Sono stati i primi a capire che anche se sono sindaco di Cagliari il mio impegno sarà anche per i piccoli centri. Loro conoscono il mio modo di pensare. La storia della mia famiglia è la storia di persone nate e cresciute in piccoli comuni. E da questi voglio ripartire. Mi chiedo sempre se sia più coraggioso chi va via da un piccolo centro o chi decide di restare nonostante tutte le difficoltà. E i sindaci, soprattutto quelli delle piccole comunità, sono i più coraggiosi, perché si mettono in gioco e affrontano situazioni amministrative spesso insostenibili».

Ecco, pensa che la solitudine dei sindaci abbia fatto da collante?

«La solitudine dei sindaci è in realtà la distanza che loro e le loro comunità hanno rispetto alla Regione e allo Stato. Ora dobbiamo lavorare per cancellare questa distanza. E lo si può fare in un solo modo, andando nei territori, parlando con chi vive e fa impresa in questi luoghi. Si deve partire da qui. Si deve avere l’apertura mentale per comprendere i problemi locali e cambiare i provvedimenti che non funzionano, modellarli sulla base delle esigenze delle varie aree».

Mi dice che su questo la giunta Pigliaru sia stata poco duttile?

«Io dico che la rigidità è un elemento che caratterizza i tecnici. I politici devono partire dall’ascolto e dalla comprensione delle diverse esigenze. Si devono eliminare liti e riti della politica. Non si risolve tutto con slide e schemi che proiettano grafici. A volte una riunione è molto più utile. Il volto umano delle istituzioni ha un’importanza fondamentale».

Qual è il suo rapporto col Pd?

«Nel 2007 mi erano stati fatti ponti d’oro per entrare nel Pd, perché facevo parte dei Ds, ma non l’ho fatto. Io ho rapporti corretti con le forze politiche che mi sostengono. E mi pongo come obiettivo anche rinnovare i partiti che appoggiano la mia candidatura. A Cagliari il Pd ha eletto in consiglio comunale tantissimi giovani che con le loro idee hanno contribuito a cambiare in meglio la città».

Verso dove deve andare la coalizione?

«Si deve puntare a un programma serio e realizzabile. Proposte concrete, nelle quali si sentano coinvolti tutti: dal disoccupato al professionista, dall’imprenditore allo studente. Dobbiamo essere aperti al contributo di chiunque voglia esprimere la propria idea».

I suoi detrattori tra le sue “colpe” le addebitano di essere il sindaco di Cagliari e non avere rapporti col resto dell’isola.

«Sono argomenti spuntati. Il mio impegno è per tutta la Sardegna, comprese le isole minori che sono realtà ancora più complesse. Chi dice queste cose non sa nulla di me. Mio padre è sassarese, ha vissuto per dieci anni all’Asinara e poi ad Alghero. Mio nonno comandava la colonia penale, appunto prima all’Asinara, poi nella città catalana. Mio bisnonno aveva attività nel Nuorese, i miei nonni e mia madre sono di Seui, la famiglia di mio padre ha origine a Villamar e Furtei. Non so se qualcuno possa vantare radici così ramificate su tutta l’isola. Io non sono un fautore del cagliaricentrismo. Al contrario penso che i grandi centri come Cagliari, Sassari, Oristano, Nuoro e Olbia possano crescere solo se si fanno ripartire i piccoli centri».

I trasporti restano uno dei nodi irrisolti.

«Isolani, ma non isolati. C’è ancora tanto da fare. Dobbiamo puntare a incrementare i voli su Roma e Milano, ma anche su altre città in Italia. Pensiamo a chi produce in Sardegna, deve avere la possibilità di non sentirsi isolato. Leggevo che ci sarà un volo dalla Sardegna per Pechino, è fantastico, ma vorrei che si annunciassero nuovi collegamenti con Roma e Milano. Voglio che vengano tanti imprenditori e turisti cinesi, ma voglio anche che i sardi possano spostarsi senza difficoltà. Oggi l’aereo è il nostro taxi. Spesso gli impegni e le riunioni vengono decisi da un giorno all’altro e non si può vivere nell’incertezza. Servono collegamenti rapidi anche per i treni. Io immagino un treno non dico velocissimo, ma non così lento, che colleghi Cagliari a Sassari in tempi competitivi. E anche un’altra linea che arrivi a Olbia passando da Nuoro e Oristano. Dobbiamo continuare a rendere moderna la rete e migliorare il trasporto su ferro, collegando porti e aeroporti tra loro».

Quali cose vuole portare avanti della giunta Pigliaru e quali vuole fare in modo diverso?

«Difficile rispondere nello spazio di un’intervista. Ma posso dire che l’assessora al Turismo Barbara Argiolas fa un lavoro straordinario. Un lavoro condiviso con i territori. Mi auguro che il ministero sblocchi il progetto Destinazione Sardegna portato avanti da lei. So che è all’attenzione dei ministri Centinaio e Di Maio. La Argiolas promuove le stesse buone pratiche che aveva da assessora al Turismo nel Comune di Cagliari».

Cosa pensa della riforma sanitaria?

«Credo vada ripensato il sistema e vada modellato sulla base di presidi territoriali, e messa al centro l’assistenza e la prevenzione. Va garantito il benessere delle persone e per prima cosa si deve salvaguardare la loro salute. Sono convinto anche che si debba lavorare sugli stili di vita. Lo sport e l’alimentazione sono alla base di una più alta qualità dell’esistenza. Pensate se per esempio le mense scolastiche venissero alimentate tutte da prodotti sardi. Le buone abitudini si acquisiscono da bambini. E questo sarebbe molto positivo anche per l’economia della Sardegna».

Secondo lei l’isola spende troppo per la sanità?

«Io non penso che sulla sanità si debbano fare risparmi. Dobbiamo partire da un altro presupposto. La Sardegna per esempio ha uno dei tassi più alti di diffusione di malattie come l’anemia mediterranea, il diabete, il favismo. Si deve discutere con lo Stato di questi aspetti, di come una regione con tassi molto elevati di malattie endemiche debba avere una diversa attenzione. Il governo nazionale chiede ulteriori tagli, ma prima dovrebbe restituire i miliardi che ci deve per la vertenza entrate. Ci troviamo di fronte a uno Stato che non mantiene gli impegni. Mancano i soldi per le bonifiche e le risorse che ci renderebbero competitivi sui costi energetici».

A proposito lei ha detto che se lo Stato non dovesse farci fare la rete del metano, non sarebbe a costo zero e dovrebbe darci in cambio 400 milioni di euro all’anno.

«Certo, ne sono convinto. Nella nostra regione non finanziano le ferrovie, ma aumentano i costi dell’auto. Non ci danno la rete del metano. E come risposta mettono la tassa sulla macchina. In tante parti della Sardegna avere l’auto è una necessità. È l’unico reale mezzo di trasporto, per ora».

Cosa farà nei primi 100 giorni?

«La riforma della Legge 1 che ferma l’isola al 1977. Faccio un esempio. Non si può pensare di avere un assessorato al Turismo legato all’artigianato. Il mondo è cambiato. Il turismo è la nostra industria e dobbiamo concepirlo in modo moderno. Meriterebbe un assessorato tutto suo o, addirittura, accorpato ai trasporti. In un’isola i turisti arrivano con navi e aerei. Così come l’artigianato è la nostra dorsale produttiva e dovrebbe andare con l’Industria. Un’altra cosa che porterei avanti è il trasferimento dei beni e delle competenze dalla Regione ai Comuni. Un lavoro già iniziato dall’assessore Erriu. Ogni comune ha un bene, un monumento, che può diventare un moltiplicatore di turisti e benessere o può dare risposte alle esigenze di spazi di qualità per le collettività».

Cosa pensa del governo?

«Sono preoccupato. Sento volgarità e corbellerie. Non si entra nelle istituzioni come si entra in un bar. Mi stupisce che dopo sei mesi di governo nessuno di loro abbia avvertito l’esigenza di fare una riunione con i presidenti delle Regioni o con i sindaci dei Comuni capoluogo di Regione. Questo governo vive un’eterna campagna elettorale fatta di proclami. Per la prima volta da quattro anni il prodotto interno lordo è in calo. Stavamo iniziando ad avere un minimo di ripresa, ora siamo di nuovo sul ciglio del baratro».

Come pensa di affrontare lo spopolamento?

«Per prima cosa con la riforma della Regione. Impegnerei tanti giovani sardi nei piccoli comuni. Gli farei elaborare e portare avanti progetti per migliorare questi centri. Cancellare le distanze e accrescere la qualità della vita. La Sardegna ha centri meravigliosi, ma poco sfruttati. Credo che anche una promozione massiccia del telelavoro possa consentire da una parte a garantire la capillarità dei servizi anche nei piccoli centri e nello stesso tempo dare la possibilità di non abbandonare il proprio paese alla ricerca di un lavoro».

Cosa pensa della svolta sovranista del Psd’Az?

«Il Psd’Az ha sempre avuto lo sguardo altalenante, rivolto a destra e a sinistra. Suggerirei agli attuali vertici di non parlare di Mario Melis, per rispetto nei confronti della famiglia».

Che effetto le ha fatto vedere i sardi sotto il palco di Salvini?

«In assenza di una risposta credibile si sono avvicinati, purtroppo, a chi ha insultato per anni i sardi. Come lo stesso Salvini. Ma questo governo è un’illusione. Non c’è una proposta concreta, un impegno. Sono aumentate l’insicurezza, e la disoccupazione. Salvini è venuto in Sardegna, ma il ministro dell’interno non ha presentato fascicoli, studi, proposte. Non ha incontrato sindaci, amministratori, governatore. È venuto a fare comizi in piazza. Ma credo che le sue battute inizino a fare sempre meno ridere, che l’assenza di risultati di questo governo presto farà aprire gli occhi a molti».

Andrà a votare per le Primarias?

«È un quesito affascinante, su cui ragioneremo. Credo che ci possano essere delle interlocuzioni con loro, che hanno molti elementi in comune con noi».

Lei più volte ha vinto sfide impossibili. Alle primarie del centrosinistra. Ha strappato Cagliari al centrodestra. Per lei questa è una nuova missione impossibile?

«Per chi la ritiene tale ricordo che Tom Cruise alla fine dei film dice sempre: “Missione compiuta”. Al di là delle battute credo che questa sia una sfida entusiasmante. Ma quello che mi spinge è la voglia di lavorare per cambiare la Sardegna e dare ai sardi benessere, sviluppo e occupazione».

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