La Nuova Sardegna

Sassari

Fondazione e scavi, le incognite del sito di Mont'e Prama

Fondazione e scavi, le incognite del sito di Mont'e Prama

A più di quarant’anni dalla scoperta il futuro delle statue di arenaria è ancora da scrivere

11 ottobre 2019
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SASSARI. Una gestazione lunga più di quarant’anni. La storia infinita di Mont’e Prama inizia ufficialmente nel 1974 e la prima anomalia si incontra subito. Per anni molti sono stati convinti che la scoperta fosse del contadino Sisinnio Poddi, al punto che un gigante prese il suo nome. Ma il primo a segnalare alle autorità la presenza di una scultura fu un altro contadino, Battista Meli, che tirò su una testa di arenaria con il suo aratro. In realtà, sito e tutta la zona circostante erano da tempo nei radar dei tombaroli di tutta la Sardegna. Lo aveva raccontato lo stesso Meli, all’epoca stupito dal fatto che regolarmente sparissimo le pietre che ammassava lungo il confine delle terre che coltivava. Con il tempo, poi, i racconti venuti a galla sono centinaia. Come quello di un non meglio precisato agricoltore di Cabras che, a quanto pare, si portò a casa un gigante di pietra adagiato sulla benna di una ruspa. E la notte Mont’e Prama diventava il melting pot dei tombaroli. Poi iniziarono gli scavi, divisi in quattro parti.

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La prima campagna è datata 1974, l’ultima è del 1979. Dopo non si vide nessuno per decenni, nonostante i frutti degli scavi fossero stati eccezionali: gli archeologi recuperarono più di 5mila frammenti rinvenuti, tra cui 15 teste, una trentina di busti e innumerevoli frammenti di braccia, gambe e armi. L’antologia di Mont’e Prama, poi, racconta della “sparizione” nei meandri del museo di Cagliari dell’intero patrimonio scultoreo. Un’esagerazione perché in realtà i pezzi più significativi vennero esposti per lungo tempo anche se, forse, senza troppa enfasi e attenzione dato che un busto fu piazzato al contrario. In ogni caso, calò il silenzio sui giganti. Una pausa che si interruppe nel 2005, quando arrivarono i soldi per il restauro dopo che l’amministrazione comunale di Cabras, all’epoca guidata dal sindaco Efisio Trincas, iniziò a occuparsi della vicenda e a chiedere conto alla soprintendenza della situazione dei giganti. Le statue vennero trasportate a Sassari, al centro di restauro di Li Punti, dove gli specialisti Centro di conservazione archeologica di Roma ricomposero i pezzi di 38 giganti di pietra che, una volta “in piedi” vennero esposti proprio a Li Punti. L’impatto fu eccezionale. D’altra parte, il fascino dei giganti è sempre stato fuori discussione. I giganti funzionavano a meraviglia e quindi divennero un argomento politico.

Nel dicembre del 2011 arrivò la firma di un contestatissimo protocollo d’intesta tra Regione, Comune e Soprintendenza che sancì la divisione del patrimonio scultoreo: sei statue a Cabras e tutte le altre a Cagliari. Sarebbe dovuta essere una divisone temporanea, in attesa che il paese lagunare si dotasse di un’area espositiva adatta. Da allora sono passati quasi otto anni e non è cambiata una virgola. Il museo sta per essere ampliato ma, forse per non stonare con il resto della vicenda, anche in questo caso si procede a rilento. Gli scavi ripresero nel 2014, con in campo soprintendenza e università di Sassari e Cagliari. L’ateneo del capoluogo era rappresentato anche dal geofisico Gaetano Ranieri e dal suo contestatissimo “Georadar”. I risultati arrivarono praticamente subito e dalla terra spuntarono due “nuovi” giganti” di una tipologia differente rispetto a quelli rinvenuti negli anni settanta, un betilo di grandi dimensioni, diverse tombe a pozzetto, modelli di nuraghe e un singolare paio di piedi che calzavano sandali di fattura particolare.

Tra il 2015 e il 2016 fu la soprintendenza a occuparsi dello studio dei resti degli edifici rinvenuti nello scavo, che potrebbero rappresentare luoghi di culto adiacenti alla necropoli. L’anno prima, però, il geofisico Ranieri aveva allargato il campo d’indagine mettendo a fuoco migliaia di anomalie che, per semplificare ai non addetti ai lavori, aveva definito pubblicamente “una città” durante un incontro organizzato all’interno del carcere di Massama. L’ultimo passo, ovviamente ancora in divenire e ovviamente parzialmente dimenticato, era stata la nascita di una fondazione che avrebbe dovuto gestire l’intero prodotto “Giganti”. Era il 2017. Da allora sono passati due anni in cui non si è mosso praticamente nulla. Le ultime parole sono del sindaco di Cabras, impegnato negli espropri, che ieri ha chiesto pazienza e ha detto che sarà necessario procedere lentamente, come impone il Mont’e Prama style. (c.z.)
 

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