La Nuova Sardegna

Sassari

Sassari, un sogno verde per la città ottocentesca

di Giovanni Bua

Ha iniziato il suo iter il piano particolareggiato della zona di via Roma-Piazza d’Italia: tra progetti, analisi e suggestioni

29 ottobre 2019
4 MINUTI DI LETTURA





SASSARI. Un sogno colorato di verde. Con mobilità lenta e piante sospese che volano tra i palazzi. Un anello che collega piazze e giardini, marciapiedi più ampi e alberi che rubano spazio ad auto posteggiate e carreggiate. Tutto pensato per valorizzare il cuore nobile della città, quello che si snoda intorno a via Roma, la via del Re, con i suoi palazzi ottocenteschi, i suoi influssi torinesi e francesi, i percorsi rettilinei corredati di alberi ed esercizi commerciali, gli edifici amministrativi simmetricamente progettati con il loro classicismo imponente e ridondante di elementi tardo barocchi, le residenze padronali della ricca borghesia, le ville e i palazzi, integrati con il nuovo funzionale, arieggiato e maestoso tessuto urbano.



Il piano. Muove i primi passi a Palazzo Ducale il piano particolareggiato per la città ottocentesca. Che, dopo oltre due anni di lavoro, è approdato venerdì mattina in commissione urbanistica per un primo esame dei consiglieri. Seduta aggiornata, dopo la presentazione a grandi linee del corposo lavoro da parte dell’assessore, dei dirigenti e dei progettisti, per un secondo, indispensabile, passaggio. A cui seguirà la discussione in aula per l’adozione preliminare, l’invio all’ufficio del paesaggio per la valutazione ambientale, il ritorno in consiglio con l’apertura alle osservazioni e poi l’adozione definitiva.

La rete. Un percorso complesso che rende plastica l’importanza del piano, che andrà ad aggiungersi a quello già approvato per la città murata e per Tottubella e a quello in via di definizione per le Conce, che “sgrosseranno” le previsioni urbanistiche contenute nel Puc calandole, con un dettaglio impressionante, nelle peculiarità di ogni quartiere, isolato, palazzo. Mettendo nero su bianco quello che si deve e si può fare per conservare, riqualificare o ricostruire il patrimonio edilizio esistente. E come “metterlo in rete” per seguire linee di sviluppo coerenti e armoniche in tutta la città.



Ottocento. E, se per la città murata il monumentale lavoro, articolato in 9 sotto-piani omologati e resi coerenti, era nell’ottica della conservazione, per la città ottocentesca le problematiche sono state diverse, con la necessità sì di conservare i palazzi storici, ma anche di rivitalizzare e uniformare il “piano vetrine” (i piani terra degli edifici, spesso con valenza commerciale), mettere in rete le piazze e le zone verdi cittadine (in particolare i giardini pubblici e il sistema delle Valli), assecondare le nuove vocazioni di alcune aree, come via Giorgio Asproni e via Torre Tonda, diventate luoghi di ritrovo e di “socialità” urbana, concentrarsi sull’eliminare, o comunque ristrutturare pesantemente, più il nuovo e brutto che il vecchio e storico.

I saldi. Il tutto a saldi praticamente invariati di volumetria (al massimo sono concesse sostituzioni di volumi, con il possibile abbattimento di alcune appendici di palazzi “non conformi” – ad esempio in piazza Fiume – e il recupero con operazioni di “riempimento” dello skyline). E calato, come detto, in un livello di dettaglio che considera palazzo per palazzo, con schede dedicate che lo classificano, e forniscono informazioni al privato su cosa è possibile, e consigliato, fare.

Possibilità. Perché il piano particolareggiato, più che prontuario di regole, finisce per essere un elenco di possibilità, in cui il pubblico guida il privato, affiancandolo a sua volta con progetti piccoli e grandi di rilancio. Una gamma infinita di variabili tra le quali i progettisti ne selezionano alcune, guidati da una rigorosa consultazione delle fonti e dell’analisi della storia architettonica e urbanistica della città, suggerendole all’amministrazione. Ad esempio un piano di recupero di via Roma che rivitalizzi gli arredi urbani dell’ex via del Re, togliendo le auto in sosta a spina di pesce e posizionandole in parallelo e rimettendo mano a tutti i piani terra e alle coperture dei palazzi, o ancora la creazione di un “anello” verde che unisca l’area est e ovest della zona del piano (dai giardini pubblici al giardino dei Santi Angeli, al fosso della Noce), sia incentivando la mobilità lenta che creando una “jungla sospesa” che si arrampica su cavi e tubature che imbruttiscono strade e palazzi.

Creativa. Una soluzione creativa, come quella proposta per via Asproni, che «recuperando il senso compositivo originale attestato dalle fonti iconografiche», valorizzi anche la nuova vocazione della via, animata da ristoranti e locali notturni, riducendo la larghezza della carreggiata, razionalizzando le aree di sosta e ampliando e completando le aree verdi. Ed usando ciò che resta del muro di San Sebastiano come “tavolozza” per esposizioni artistiche. Suggestioni di grande respiro affiancate a interventi di dettaglio, come quello che pensa all’eliminazione dell’aiuola di largo Brigata Sassari, da sostituire con un “elemento attrattore di eccellenza” per legare meglio il tratto che da via Torre Tonda porta alla fontana di Magi, confine e strada di passaggio tra la città murata e il cuore ottocentesco. O che propone di disegnare su piazza castello una passarella che la attraversi longitudinalmente portando alla Caserma, che con la sua austera facciata ne ritorni protagonista.

Un libro di dati, numeri e qualche sogno, che ha iniziato il suo cammino. E sembra confliggere con alcune scelte strategiche che l’amministrazione sta adottando (soprattutto quando si parla di rinunciare a posteggi o di restringere carreggiate), ma che ha un respiro decisamente più ampio di una consiliatura, e rimarrà strumento che, una volta completato il percorso, rimarrà a disposizione di chi avrà il coraggio crederci e di usarlo.
 

In Primo Piano
Il funerale

«Il nostro Stefano torna a casa»: all’ippodromo di Sassari la camera ardente per il giovane fantino

Le nostre iniziative