La Nuova Sardegna

Sassari

Il punteruolo rosso fa strage di palme: in Sardegna è allarme

L'entomologo Ignazio Floris
L'entomologo Ignazio Floris

E' arrivato nel 2007 e ha cambiato i paesaggi urbani, l'entomologo: "E' difficile da abbattere"

17 novembre 2019
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SASSARI. Sta cambiando l'aspetto delle nostre città e di quei luoghi (piazze, giardini e lungomare) che abbiamo sempre conosciuto e amato: è il Rhynchophorus ferrugineus, coleottero dalla elegante livrea rossiccia e dalla forma particolare, meglio conosciuto come punteruolo rosso. Sono le palme l'oggetto del suo desiderio, qui depone le uova e le larve penetrano nel tronco portandole alla morte. In Europa è comparso per la prima volta nel 1994 in Spagna, nel 2004 l'arrivo in Italia, nel 2007 in Sardegna a partire dall'Ogliastra, ma ormai è ovunque e ha già fatto disastri.

Incontro fatale. «La specie più sensibile all'attacco di questo insetto è la palma delle Canarie, di cui osserviamo continue morie un po' in tutta la Sardegna» spiega l'entomologo del dipartimento di agraria dell'ateneo di Sassari, Ignazio Floris. E c'è una spiegazione: «Si tratta di una pianta esportata ampiamente a scopo ornamentale - dice il ricercatore Arturo Cocco - e proveniente da isole dell'Atlantico, dall'altra parte del mondo, in cui si è evoluta senza questo nemico da cui difendersi. L'incontro col punteruolo, introdotto col trasporto di piante provenienti dal sudest asiatico, ha provocato uno scompenso che ha provocato la morte di centinaia di migliaia di esemplari nel Mediterraneo».

Bandiera bianca. Nella zona dell'Asia da cui proviene il punteruolo, dove è ben conosciuto, ci sono molte palme, da quelle coltivate (da cocco e da olio) alle spontanee. «Ma tutte si sono co-evolute nei milioni di anni insieme all'insetto, sviluppando forme di resistenza o tolleranza (produzione di gomma o sostanze chimiche), cui poi si è unito l'intervento dell'uomo per le coltivazioni» dice Cocco. Laggiù il punteruolo non è mai stato quindi un vero problema. La palma delle Canarie invece è come un soggetto immunodepresso che deve far fronte a un attacco batteriologico. Così ormai è sotto scacco. Nel 2007 l'Ue istituì misure di eccellenza per cercare di frenare la diffusione dell'insetto col rostro nelle aree in cui ancora non c'era e provare a eradicarlo. «Dopo 11 anni - dice Cocco - si è preso atto che ormai si è insediato ovunque ci siano con condizioni adatte, non ci sono speranze. La Ue ha declassato l'allarme convinta che sia una guerra persa. Così sono state tolte le misure obbligatorie di lotta, restano quelle volontarie».

Il progetto. Resta il problema degli altri tipi di palma. «Non sottovalutiamo la forte capacità di adattamento degli insetti - avverte Floris - quando non trovano la specie preferita possono attaccarne altre. La palma da dattero si sta dimostrando più resistente. Ma ora l'attenzione dell'Europa si è spostata soprattutto sulla palma nana. Col progetto Interreg Aliem condividiamo l'obiettivo di monitorare con altri Paesi e regioni del Mediterraneo lo studio sull'incidenza di questo fitoforo su una specie particolarmente importante, in quanto autoctona e quindi parte di ecosistemi naturali o aree protette. Un problema più serio rispetto a quello paesaggistico e dell'arredo urbano».

Nuova priorità. I numeri non sono altissimi, anche se il trend è in crescita. Colpite aree un po' in tutta la regione. La struttura della palma nana, non monotronco, la rende meno attaccabile «ma occorre tagliare la parte malata per non creare un "allevamento" ed evitare la propagazione, gli esemplari più grossi sono più a rischio. Ciò implica una gestione» dice Floris. Grazie agli studiosi sassaresi la comunità scientifica internazionale ha accettato l'idea che anche la palma nana è a rischio pubblicando le conclusioni del loro lavoro sul bollettino dell'organizzazione europea per la protezione delle piante. Una battaglia che è ora divenuta la priorità.©RIPRODUZIONE RISERVATA

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