La Nuova Sardegna

Sassari

Sassari, finte nozze per il permesso di soggiorno

Nadia Cossu
Sassari, finte nozze per il permesso di soggiorno

Due uomini sono accusati di circonvenzione di incapace. Lo psichiatra in aula: «La sposa era suggestibile e manipolabile»

19 novembre 2019
3 MINUTI DI LETTURA





SASSARI. «Sì, mi sono sposata con quell’uomo per avere quattromila euro. Sapevo che era sbagliato, l’ho fatto perché mi servivano, per andare avanti. Però quei due non mi hanno dato niente, io questi soldi non li ho mai visti e allora l’ho mandato via...».

Sono le parole di una donna caduta nella trappola di due fratelli – uno nato in Marocco e l’altro a Ozieri – che con la promessa di darle quattromila euro l’avevano convinta a sposare uno straniero. Quest’ultimo – irregolare in Italia – pagando a sua volta seimila euro ai due uomini sarebbe convolato a nozze con la ragazza e in questo modo avrebbe ottenuto dalla questura di Sassari il permesso di soggiorno di cui aveva bisogno.

Ma le cose non sono andate secondo i piani e i fratelli sono finiti a processo per violazione dell’articolo 12 del testo unico sull’immigrazione «perché – scriveva la Procura – in concorso tra loro, al fine di trarre ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero E.C., irregolare sul territorio italiano, favorivano la permanenza del predetto organizzando il fittizio matrimonio dietro il pagamento del corrispettivo di seimila euro». L’altro reato contestato (entrambi sono difesi dall’avvocato Claudio Mastandrea) è la circonvenzione di incapace perché, così come stabilito dallo psichiatra in sede di incidente probatorio, la capacità di intendere e di volere della donna al momento del matrimonio «era grandemente scemata» anche se non esclusa. Un quadro psicopatologico dove le capacità cognitive e volitive erano però compromesse, tanto che per il medico la donna quando convolò a nozze con quell’uomo (che nemmeno conosceva) «era suggestibile e manipolabile».

Ma come si arrivò alla denuncia degli imputati? Fu la questura, nel 2014, a scoprire l’inganno. All’ufficio immigrazione si era presentato proprio lo sposo fresco di nozze per ottenere la carta di soggiorno “per congiunti di cittadini dell’Unione Europea”. L’uomo aveva presentato la documentazione che certificava il matrimonio con una donna italiana. Ma il personale dell’ufficio, per accertare l’effettiva convivenza tra i due, a distanza di un mese era andato nella loro casa e aveva scoperto che la donna aveva confidato ad alcuni vicini che il matrimonio era fittizio e che non aveva ancora ricevuto il denaro che le era stato promesso per sposare quello straniero. Sentita in questura la sposa aveva confermato tutto precisando di non aver consumato il matrimonio e di non aver visto i soldi perché i due imputati si sarebbero limitati a pagarle le spese sostenute per i viaggi e per i documenti necessari per le nozze. Ed era stato proprio in quell’occasione che gli agenti avevano notato un atteggiamento infantile da parte della donna e avevano sospettato che fosse affetta da una patologia psicofisica.

Lei aveva riferito di essere andata a Roma per sposarsi «con il rito del Marocco» e poi in Sardegna «con il rito italiano». In un primo momento aveva cercato di sviare gli agenti: «Mi sono sposata per amore» aveva detto, poi la triste verità: «Sapevo che era una cosa che non dovevo fare, ma non ho lavoro, non ho niente. Quei soldi mi servivano per andare avanti...».

Alcuni giorni fa, in aula, il consulente Vito La Spina ha confermato i risultati della perizia psichiatrica emersi durante l’incidente probatorio.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

In Primo Piano

VIDEO

Il sindaco di Sassari Nanni Campus: «23 anni fa ho sbagliato clamorosamente. Il 25 aprile è la festa di tutti, della pace e della libertà»

L’intervista

L’antifascismo delle donne, la docente di Storia Valeria Deplano: «In 70mila contro l’oppressione»

di Massimo Sechi
Le nostre iniziative