La Nuova Sardegna

Sassari

Continuità marittima nel caos: ko le esportazioni della sabbia

Luca Rojch
Una cava di sabbia a Ossi, immagine di repertorio
Una cava di sabbia a Ossi, immagine di repertorio

I due terzi del costo del prodotto sono legati al trasporto, l'assessore regionale Giorgio Todde lancia l'allarme

19 novembre 2019
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SASSARI. L'economia dell'isola rischia di affondare sotto la sabbia. L'ultimo allarme arriva dalle imprese che estraggono la sabbia e la esportano verso la penisola. Materia prima che vale oro nel distretto della ceramica, ma che rischia di non venire più utilizzato per gli alti costi di trasporto. A rischio ci sono 500 posti di lavoro, sono quelli delle tre aziende che nell'isola gestiscono le cave, sparse un po' in tutta la Sardegna. Senza la certezza sui costi di trasporto controllati dalla continuità marittima diventeranno insostenibili. Molto più di una lontana prospettiva.

L'emergenza. A lanciare l'allarme è l'assessore ai Trasporti Giorgio Todde. «Nei giorni scorsi in Regione abbiamo incontrato i rappresentanti delle tre società che di fatto gestiscono l'estrazione e il trasporto delle sabbie e minerali destinati alla creazione di piastrelle e ceramiche nella penisola - dice Todde -. Le aziende con l'indotto danno lavoro a 500 persone. Ma a breve potrebbero restare tutte a casa. Il motivo è semplice. Senza certezze sulla convenzione non possono andare avanti. I costi di trasporto sarebbero troppo altri per restare competitivi sul mercato. Non possiamo assistere passivi a questo disastro». I rappresentanti della Ceramica Mediterranea, Maffel sarda silicati e Svimsa, che si occupano di produzione di piastrelle, estrazione di minerali industriali, hanno cave e sedi in tutta l'isola: Florinas, Ardara, Ottana, Orani, Escalaplano, Guspini, solo per citarne alcune. E chiedono alla Regione di intervenire per avere chiarezza sul futuro dei trasporti marittimi in Sardegna.

L'appello. Todde è pronto alla rivolta. «Da mesi attendo di parlare con il ministro dei Trasporti - afferma -. Ho chiesto più volte un incontro ufficiale, per confrontarmi sulla continuità marittima e su quella aerea. Senza successo. Ora non possiamo più attendere. Né ci si può accontentare delle generiche promesse che arrivano dal Ministero. Dicono di non preoccuparsi, ma non è accettabile. Ho atteso di conoscere quali sono le intenzioni del governo fin dalla precedente maggioranza. Quella gialloverde. Si sono alternati due ministri, nessuno di loro è stato in grado di dare risposte. Siamo pronti a scendere in piazza. Non possiamo accettare di perdere 500 posti di lavoro e un'importante realtà produttiva.

I numeri. Per capire la dimensione delle tre aziende e del peso nell'economia dell'isola del settore della sabbia bastano alcuni numeri. Le tre aziende hanno investito negli ultimi 5 anni oltre 20 milioni di euro in nuovi impianti, hanno un fatturato di 70 milioni di euro, e spendono nell'isola oltre 40 milioni per i propri costi di esercizio. Esportano dall'isola 2 milioni di tonnellate all'anno di merci, che da sole valgono 50mila viaggi di camion. Per gli amanti delle statistiche sono il 25 per cento del totale dei movimenti dei tir dalla Sardegna verso la penisola.

I costi. Il trasporto della sabbia potrebbe diventare una sorta di perfetto parametro per capire cosa sia il gap dell'insularità. I due terzi del costo del prodotto per il cliente finale nella penisola è rappresentato dal costo di trasporto. E la metà di questo è il passaggio sulla nave. Le rotte più battute sono la Olbia-Livorno e Cagliari-Livorno, che sono gestite in modo particolare da Moby, Tirrenia e Grimaldi. Le aziende hanno già subito un rincaro delle tariffe marittime da parte delle compagnie di navigazione a gennaio del 2019. Gli aumenti agli autotrasportatori sono andati da 2 a 6 euro per tonnellata di prodotto. Aumenti percentuali che valgono tra il 20 e il 30 per cento del costo finale. «In caso di ulteriori incrementi - continua Todde -, la sabbia e i minerali estratti nell'isola non avranno più un prezzo competitivo. E le aziende si rivolgeranno alla Grecia per la materia prima. Perché costa molto meno. Trasporto completo. Non possiamo accettare in modo passivo la distruzione di questo comparto. C'è anche un altro aspetto che deve essere preso in considerazione. I tir che partono carichi di sabbia al ritorno portano altre merci nell'isola. Il danno in questo modo diventa doppio, non solo sull'export, ma anche su quello che importiamo. Ora pretendiamo risposte dal governo. Non siamo più disponibili ad accettare passivamente la reticenza del ministero».@LucaRojch@RIPRODUZIONE RISERVATA

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