La Nuova Sardegna

Sassari

Sassari, niente colonscopie per tutto il 2020: urgenze comprese

di Luigi Soriga
Sassari, niente colonscopie per tutto il 2020: urgenze comprese

Esami sold out anche in presenza di sangue occulto nelle feci. Il Cup ha già saturato le agende e non ha più disponibilità

23 novembre 2019
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SASSARI. La prevenzione è una parola che non è contemplata nel vocabolario della sanità sassarese. Basta comporre il numero del Cup per capire che i livelli essenziali di assistenza siano un lontano miraggio.

Il 22 luglio scorso una signora di 72 anni ha chiamato preoccupata il centro unico di prenotazione. Il suo medico di base non era stato molto rassicurante. Infatti l’esame delle feci aveva rilevato la presenza di tracce di sangue occulto. È un segnale da non trascurare: potrebbe essere causato da banali polipi o emorroidi, ma potrebbe essere anche un campanello d’allarme per un tumore al colon-retto. In questi casi, la diagnosi precoce è il sistema più efficace per una chance di sopravvivenza.

E infatti, il medico, nella sua impegnativa, ha esplicitamente barrato la casella con “Priorità B”, che significa massima urgenza: in pratica, con questa sottolineatura nella prescrizione, l’esame dovrebbe essere svolto nell’arco di dieci giorni. La paziente parla con l’operatrice del Cup, legge l’impegnativa, specifica la classe di priorità, ma se ne parla ugualmente tra almeno un anno. Per tutto il 2020, infatti, le agende delle colonscopie sono sold-out, e il Cup non è in grado di trovare un interstizio nemmeno per i casi più a rischio. Questo perché l’unico macchinario che macina a pieno regime è quello di Gastroenterologia dell’Ospedale Civile, dove si concentrano l’80 per cento degli appuntamenti del territorio. Alghero riesce a malapena a gestire gli esami dei propri ricoverati, anche i numeri dell’apparecchio di Ozieri sono risicati, e lo stesso reparto Infettivi alle Cliniche San Pietro non alleggerisce certamente le liste di attesa. Il risultato è che non appena il Cup ha aperto le agende per il 2019, la domanda di prestazioni era talmente elevata da occupare in pochi mesi tutti gli spazi disponibili. Comprese le caselle riservate alle classi di priorità, entrate in vigore nel 2019, e che avrebbero dovuto imporre il criterio di urgenza della patologia rispetto al “chi prima chiama prima vince l’appuntamento”. Questo elementare criterio di buona sanità, a quanto pare, entrerà in funzione solo dal 2020 in poi. Nel frattempo a pesare sulle agende sature c’è una spaventosa incidenza degli esami inappropriati, che rasentano l’80 per cento. C’è troppa disinvoltura nel prescrivere direttamente un esame invasivo come la colonscopia, che dovrebbe arrivare invece solo dopo altri step più soft: una rx con liquido di contrasto o una visita gastroenterologica. E proprio il gastroenterologo, per evitare prescrizioni inadeguati, dovrebbe chiedere la colonscopia. Altra palla al piede è il drop out dei pazienti: cioè quelli che prenotano l’esame, confermano il recall 5 giorni prima, ma alla fine non si presentano all’appuntamento. Si tratta del 18 per cento dei casi. Uno spreco pazzesco di risorse, che toglie chance di vita per chi, una colonscopia, potrebbe significare sopravvivenza. Come chi ha sangue occulto nelle feci e non ha i soldi sufficienti per permettersi una prestazione dal privato, e deve sperare nella buona sorte o armarsi di intraprendenza. Il primo passo, se nell’impegnativa è barrata la casella B (urgente), è andare allo sportello Ufficio relazioni col pubblico (Urp), e far ben presente i propri diritti. Davanti a un’urgenza controfirmata da un medico, che certifica che in ballo c’è la vita di un paziente, non sarà così difficile ottenere un appuntamento in tempi più civili e ragionevoli.

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