La Nuova Sardegna

Sassari

«Nefropatico senza cibo? Glielo regaliamo noi»

di Antonello Palmas
«Nefropatico senza cibo? Glielo regaliamo noi»

Provocatoria proposta del segretario del Comitato Aned (pazienti emodializzati) «Se l’Ats ha finito il nutrimento aproteico, gli forniremo qualche chilo di pasta»

12 gennaio 2020
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SASSARI. «Il cibo aproteico negato dall’Ats al paziente sassarese? Glielo regaliamo noi». È la provocatoria proposta di Annibale Zucca, segretario regionale del Comitato dell’Aned (Associazione nazionale emodializzati dialisi e trapianto) e medaglia d’oro al merito per la sanità pubblica. La lancia dopo aver letto la notizia pubblicata ieri sulla Nuova Sardegna riguardante la moglie di un uomo affetto da nefropatia cronica di V stadio, che si è recata a ritirare la fornitura del particolare nutrimento previsto dal piano terapeutico assegnato al marito dal reparto nefrologia e si è sentita rispondere dal servizio farmaceutico dell’Assl 1 che il materiale non è disponibile. La ditta che ha vinto l’appalto non lo ha fornito, occorre aspettare sino al 28 gennaio.

«Vorrei ricordare che ci si riempie la bocca con la parola prevenzione, ma poi accade che non si mette a disposizione ciò che è necessario a coloro che purtroppo vivono la poco invidiabile situazione di soffrire di una malattia renale in forma così grave – commenta Zucca – Si dice giustamente che prevenire è meglio che curare, anzi spesso sono proprio i medici a rimproverare i pazienti se non seguono la dieta prevista. Mi sembra evidente che col mancato arrivo della fornitura di cibo aproteico, che è da considerare alla stregua di un medicinale, ogni buon proposito sotto questo profilo viene meno».

Non si sa di chi siano esattamente le responsabilità di questa situazione, e se l’Assl avrebbe potuto ovviare in qualche modo alla non ottemperanza della ditta che ha vinto l’incarico per la fornitura, «ma non si può dire a un paziente di tornare dopo 20 giorni come è successo nel caso del signore sassarese. E nel frattempo cosa deve fare?» si chiede Zucca, che ricorda come «l’assunzione di cibo aproteico (pasta, farina, latte, merendine, ndc) sia l’unico modo per evitare l’ingresso nella fase della dializzazione. Oltre a rappresentare uno step possibilmente da evitare o rimandare per le conseguenze sulla qualità della vita del malato, «ciò ha anche un costo non indifferente che ricade sulle spalle della collettività. Come in tutte le patologie, più si previene, inferiori sono le spese».

Da qui la provocazione lanciata dal segretario regionale dell’associazione nazionale emodializzati: «Abbiamo pensato di far avere noi al paziente qualche chilo di pasta, raccolto tramite i soci dell’Aned», dice Zucca. Un gesto dimostrativo per spingere a una maggiore attenzione chi di dovere. Anche perché, come ricorda la donna che ha fatto conoscere il caso del marito chiedendo almeno l’emissione di un buono per l’acquisto, chi si ritrova a dover affrontare una malattia renale a questo stadio spesso deve lasciare il lavoro e potrebbe quindi avere assoluta necessità della fornitura da parte della sanità pubblica.



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