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Sprar, l’addio al progetto costa a Sassari 1,5 milioni

SASSARI. Costerebbe quasi un milione e mezzo di euro il no di Palazzo Ducale alla prosecuzione del progetto Sprar. Anzi, per essere precisi 1357800 euro, che il Fondo Nazionale per le politiche e i...

14 gennaio 2020
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SASSARI. Costerebbe quasi un milione e mezzo di euro il no di Palazzo Ducale alla prosecuzione del progetto Sprar. Anzi, per essere precisi 1357800 euro, che il Fondo Nazionale per le politiche e i servizi dell'Asilo del Ministero dell'Interno ha messo sul piatto per finanziare dal 1 luglio 2017 al 30 giugno 2020 il sistema di protezione riservato, dopo il decreto Salvini del 2018, ai titolari di protezione internazionale e a tutti i minori stranieri non accompagnati. Fondi riconfermabili (dopo un nuovo bando di assegnazione del servizio da parte di Palazzo Ducale) per il triennio 2020-2022, con il Ministero che ha pubblicato in gazzetta ufficiale lo scorso 19 novembre le modalità di accesso degli enti locali ai finanziamenti Siproimi (il nuovo acronimo che ha sostituito il più noto Sprar), sottolineando come le domande di prosecuzione e di nuovo ingresso devono seguire una procedura informatizzata sulla piattaforma ministeriale, rendendo note le date per spedire le manifestazioni di interesse degli enti locali che, nel caso di Sassari, era ieri sera alle 18.

Domanda che il Comune, fino a ieri pomeriggio, non aveva presentato. Con Palazzo Ducale che però sul tema «preferisce non rispondere», lasciano aperta una finestra di un paio d’ore in cui la manifestazione di interesse potrebbe, a sorpresa, aver preso la via di Roma. Ipotesi assai improbabile comunque, anche perché la scelta di scendere dal treno degli oltre 1800 Comuni che gestiscono gli 844 progetti che nell’ultimo triennio hanno fornito assistenza a oltre 33600 rifugiati sembra essere meditata. Con il progetto attualmente in corso, che ha come ente attuatore il gruppo Umana Solidarietà “Puletti” di Macerata, che andrà avanti fino al 30 giugno, per poi spegnersi per “mancanza di interesse”, che dovrebbe essere sostituito da un nuovo piano di integrazione di cui però ad oggi nulla è dato sapere. (g.bua)

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