La Nuova Sardegna

Sassari

Prima le mascherine, ora la gente compra le tute bianche dei Ris

di Luigi Soriga
Prima le mascherine, ora la gente compra le tute bianche dei Ris

L’Amuchina non si trova nemmeno a pagarla a peso d’oro Articoli esauriti da tre giorni e i fornitori sono senza scorte

26 febbraio 2020
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SASSARI. In Sardegna per fortuna non c’è ancora un solo caso di coronavirus, ma i sassaresi sono già in assetto da combattimento, come se dovessero affrontare una catastrofe nucleare. E l’approccio è a tratti grottesco, con un improbabile mix tra precauzioni e braccino corto. Insomma prudenza in saldo. Della serie: cautele sì, ma in formato low-cost.

Le mascherine sono introvabili, per l’Amuchina ormai occorre rivolgersi solo al pusher di fiducia. Quindi scandagliate inutilmente tutte le farmacie nel perimetro urbano e nell’hinterland, il sassarese punta sulle attività più di nicchia, tipo ferramenta o negozi di fitosanitari. Al titolare di Agrizoo, a Predda Niedda, cadono le braccia. «Poco fa ho venduto 400 mascherine, ma di quelle Ffp1, che per proteggersi dai virus non servono a niente. Il bello è che avvertiamo anche i clienti. Ma contro la psicosi e l’ignoranza non c’è nulla da fare». Sorride: «Adesso però rasentiamo il ridicolo: ci chiedono anche le tute bianche, ma quelle sottili sottili, che in genere si usano per non sporcarsi, quando si dipinge. Cioè, hanno paura, ma non vogliono neanche spendere 4 o 5 euro in più per acquistare le tute idonee a proteggere almeno dai fitofarmaci. Tutto ciò è pazzesco». In pratica si fa un piccolo compromesso con la propria ipocondria: mi infilo dentro un bozzolo di carta velina, faccio un investimento di 5 euro, mi concio come uno dei Ris, abbasso i rischi dello 0,00001 e sono un po’ più tranquillo con la mia coscienza.

Un efficace misuratore della follia collettiva, sono gli scaffali di Bricoman. I comparti delle mascherine sembrano reduci da uno sciame di cavallette. «Le vendite sono impennate da una decina di giorni – dice un commesso – ma da quando è arrivata la notizia del primo caso in Italia, è stato il delirio». All’inizio tutti hanno fatto incetta dei modelli Ffp2 e Ffp3, quelli adatti a bloccare anche le particelle fini. Ma le scorte erano ridotte, perché costano un po’ di più delle altre e per il bricolage l’utente medio si accontenta. Quindi prima è andata a ruba tutta la fascia degli articoli dai 5 ai 7 euro, poi via anche le mascherine sopra i 10 euro, sino a svuotare gli scomparti di quelle da 15 euro. La cosa surreale è che una volta esaurite le scorte degli articoli adatti a un’emergenza sanitaria, poi ci sono passati anche gli altri. Pur di avere bocca e naso coperti, non importa come. E cioè le Ffp1, e non solo quelle da 1 euro, ma anche le più care, da 5 o 6 euro l’una. Basterebbe consultare le specifiche tecniche, per capire che hanno lo stessa capacità di preservare dai virus del foulard della nonna. Eppure scorte sold-out, giusto una decina di confezioni sopravvissute di Ffp1, solo perché conservate in uno scatolone seminascosto. Da Ferramenta Carboni, sempre a Predda Niedda, si fa come ai tempi della guerra, ovvero si contingentano le derrate. «In questi ultimi giorni la richiesta di mascherine è alle stelle – spiega un commesso – allora, per accontentare una fascia più ampia di clientela e impedire che in pochi si accaparrino tutti gli articoli, li abbiamo tolti dagli espositori. Li vendiamo solo al banco, e non diamo più di cinque articoli a cliente. Ma se continua così in un paio di giorni non avremo più nulla, e i fornitori hanno esaurito tutte le scorte. Quindi non si sa nemmeno quando potremo rifare gli ordini».

Da Cromart, il negozio di vernici all’inizio di via Sulcis, non bastano le richieste locali, arrivano ordini anche dalla Penisola. «Proprio ieri – racconta il gestore – mi ha chiamato il responsabile di un ente che opera a Milano. Erano rimasti senza presìdi sanitari e rischiavano di dover chiudere perché i dipendenti hanno l’obbligo di proteggersi. A me era rimasta giusto una scatola di mascherine. Mi ha supplicato: faccia lei il prezzo, gliele pago quanto vuole, ho pronto il bonifico istantaneo. Mi sarei sentito uno sciacallo ad approfittare della situazione, come sta succedendo su Amazon. Glieli ho spediti al loro prezzo, senza chiedere un centesimo in più».

Poco più avanti, nella farmacia Mulas di via Sulcis, ogni volta che squilla il telefono la domanda è sempre la stessa: “Avete ancora Amuchina? E mascherine?”. «Siamo sprovvisti da almeno tre giorni, ci chiamano soprattutto le persone che devono partire, che passeranno per l’aeroporto di Milano, magari che si spostano per affrontare cure sanitarie. Non abbiamo più neanche le mascherine chirurgiche, quelle sottili usa e getta, nonostante avvertiamo i clienti della loro totale inutilità contro il contagio da Coronavirus. Quanto all’Amuchina stesso discorso: fino ad ora ne vendevamo giusto qualche flacone, e adesso sembra essere l’oggetto del desiderio. Abbiamo chiamato direttamente l’Angelini, il produttore, e per ora non si prevedono nuove scorte».

Anche negli ipermercati cinesi non c’è l’ombra di gel disinfettanti e ancora meno di mascherine Ffp2 e Ffp3. Dall’altro capo del mondo le spedizioni di questi articoli sono fermi dal 31 dicembre, e in Europa, chi detiene le scorte, fa valere la legge della domanda e dell’offerta: i prezzo sono triplicati.

Stesso scenario a Predda Niedda da Risparmio Casa e da Maurys. E la parafarmacia all’interno del supermercato Auchan mette subito le mani avanti e affigge il cartello: “Informiamo la gentile clientela che mascherine e gel igienizzanti sono momentaneamente terminati”. Così l’insensato rastrellamento degli scaffali, nel caso l’emergenza arrivasse davvero, avrà una sola conseguenza: non ci saranno mascherine per chi veramente ne avrà necessità. «Da poco una pediatra cercava inutilmente la mascherina – dice la titolare della Parafarmacia Lunaesole – è un presidio che si usa talvolta in ambulatorio e ne era rimasta sprovvista. Non lo ha trovato da alcuna parte». Ci sono le forze dell’ordine che fanno acquisti, e anche le associazioni di volontariato rischiano di trovarsi in difficoltà. I fornitori sono gli stessi per tutti, non esistono più canali privilegiati, e chi ce li ha se li tiene ben stretti e non li rivela neanche sotto tortura.

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