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Sassari

Sassari: «La casa è a pezzi e non so dove andare»

Sassari: «La casa è a pezzi e non so dove andare»

L’appello di una mamma incinta, con due figli, che non riesce a trovare un altro alloggio in affitto col contributo comunale

28 febbraio 2020
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SASSARI. La casa potrebbe cadere da un momento all’altro sulla testa, ma anche la sua esistenza è altrettanto pericolante. Manuela ha quarantadue anni, niente lavoro, due bambini di otto e nove anni, una gravidanza a rischio, un compagno disoccupato e al momento nessun tetto dove stare. «Da due settimane siamo ospiti da mio cognato – dice – ma non possiamo andare avanti così. Siamo in 4 dentro una stanzetta di pochi metri quadrati, non possiamo continuare ad accamparci a casa d’altri, non è dignitoso».

Tutto è accaduto ai primi di febbraio. L’alloggio al primo piano di via Carducci 2 sta cadendo a pezzi. È una palazzina popolare, poi riscattata da un privato. «Ci abito dal 2014 – racconta Manuela – appartiene a una mia parente, e io ero in affitto. Percepivo dal Comune il contributo di locazione, e veniva versato direttamente sul conto di mia cugina. Dopo qualche anno però ho smesso di aver diritto al contributo, e mi è stato concesso di restare gratuitamente nell’appartamento. Le condizioni dei muri, la muffa, e le crepe, d’altronde, non consentivano di affittarlo a un’altra famiglia».

I segni di cedimento strutturale corrono a zigzag lungo le pareti del bagno, nella camera da letto, e anche il pavimento sembra imbarcato, con evidenti dislivelli. L’umidità trasuda dai muri come zucchero filato, e alcune mattonelle si sono staccate nella cucina e sono cadute per terra. Il muro è pieno di lentiggini scure, con macchie di muffa che spuntano peggio dei funghi. «Abbiamo provato a risanare più volte con tinte traspiranti di ogni tipo – dice il compagno di Manuela – ma è una partita persa. Non sappiamo da dove arrivano le infiltrazioni, ma l’umidità impregna tutto l’alloggio».

Una sera, mentre Manuela era sdraiata nel letto, dal soffitto è piovuto giù una porzione di calcinacci e ha rischiato di precipitarle sulla testa. I due inquilini, preoccupati soprattutto per l’incolumità dei due bambini, decidono di rivolgersi ai vigili del fuoco. Il 10 febbraio arriva il sopralluogo tecnico e la relazione suona come una sentenza: segni evidenti di cedimento strutturale, l’alloggio non è più fruibile». Il Comune si mette in moto, vengono mobilitati i vigili urbani e anche gli assistenti sociali, che già seguivano la famiglia. Si tratta di una situazione di indigenza, perché l’unica fonte di reddito, al momento, è il reddito di cittadinanza di 169 euro. Il compagno, da parte sua, contribuisce alla causa con qualche lavoretto saltuario. «Riassumendo la mia situazione è la seguente – dice Manuela – non posso stare più nella casa di via Carducci, è una residenza privata e il Comune non può accollarsi le spese per risanarla, mi ritrovo ancora indietro tra gli aventi diritto degli alloggi popolari perché la mia posizione, dal 2012, non è mai stata aggiornata. Nel frattempo mio figlio ha difficoltà, io stessa ho problemi di salute, mi ritrovo con una gravidanza a rischio, e l’aiuto del settore Servizi Sociali si sostanzia in 5 giorni di b&b pagati e il rinnovo per un anno di del contributo al canone d’affitto per 258 euro. Bene: sfido chiunque di Palazzo Ducale a trovare un alloggio per quella cifra. Io ho bussato in venti agenzie immobiliari e la risposta è sempre stata la stessa: i proprietari delle case non si fidano. Le parole magiche sono reddito fisso o pensione. Il contributo di locazione non offre garanzie, perché magari l’anno prossimo non mi verrà confermato, come già è accaduto. Io non posso permettermi di integrare con altri 250 euro, perché quei soldi mi servono per sfamare i miei figli. Quindi non so davvero che fare. L’unica soluzione che mi viene in mente è quella di ignorare i divieti e il pericolo, e riabitare nella casa di via Carducci. La disperazione ti porta a fare questo». (lu.so.)

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