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Feste, punizioni e diritto allo studio

Feste, punizioni e diritto allo studio

Ludovico Marinò a Campus: «Le mie erano solo riflessioni private»

30 marzo 2020
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Ho letto con stupore alcune dichiarazioni del sindaco riferite alla mia persona, ma prive di qualsiasi riferimento a fonti pubbliche e atti ufficiali. Il professor Campus afferma che avrei «stigmatizzato l’operato del rettore dicendo che era completamente incomprensibile la scelta di cacciare gli Erasmus, con riferimento al provvedimento di interruzione del programma di mobilità degli studenti spagnoli colti in flagrante a festeggiare, incuranti delle misure di contenimento e di distanziamento sociale in atto. Il sindaco continua manifestando il suo dispiacere nei confronti di un direttore che parrebbe non aver capito «il concetto dell’esempio e del rispetto». Ritengo doveroso, in primo luogo, specificare che non esiste alcun atto ufficiale. Aggiungo che non ho avuto il piacere di confrontarmi informalmente con il rettore, né tanto meno con il sindaco e mi sorprendono, pertanto, le sue affermazioni. Mi è sorto quindi il dubbio che il riferimento sia ai contenuti dell’unica lettera sull’argomento da me inviata ai componenti del Consiglio di dipartimento alcuni giorni fa, con la quale ho voluto condividere ed in modo del tutto informale, alcune mie riflessioni sul tema più ampio relativo a se, e quanto, la sfera dei comportamenti individuali possa incidere sul diritto allo studio.

Dal momento che il sindaco mi ha chiamato in causa, attribuendomi opinioni e dichiarazioni (per quanto non espressamente citate), ritengo che l’argomento sia in realtà più complesso e, almeno dal mio punto di vista, vada ben oltre la semplice questione dell’«esempio e del rispetto». Non entro nel merito del giudizio di valore del sindaco sulle mie opinioni e premetto che non è in alcun modo in discussione l’estrema gravità dei comportamenti degli studenti. Nondimeno, in quella lettera mi sono domandato se sarebbe stato preso lo stesso provvedimento nel caso si fosse trattato, invece che di 16 studenti Erasmus, di 16 studenti italiani oppure di professori universitari. Mi domando se il provvedimento sarebbe stato emanato ugualmente se l’episodio, con gli stessi protagonisti, invece che a Sassari fosse accaduto in qualsiasi altra parte del mondo durante il periodo di Erasmus. Più in generale, mi domando se, a seguito di un’ipotesi di reato (per quanto grave), l’Università possa prendere una misura come quella.

Altra questione riguarda le vigenti restrizioni alla mobilità individuale ed ai trasporti. Mi sono domandato, quindi, come faranno questi giovani a rientrare in Spagna o, al contrario, a restare a Sassari lontani dal loro Paese senza una borsa di studio e per un periodo indefinito. Ovviamente, se avessi voluto condurre una “battaglia”, sia pur politicamente non corretta, lo avrei fatto con atti ufficiali, oppure ne avrei parlato con il rettore, cosa che ho ritenuto di non dover fare. Tuttavia, non ho difficoltà ad affermare le mie perplessità, perché in tutta onestà non pensavo (probabilmente sbagliando) che l’Università potesse integrare l’operato delle autorità giudiziarie preposte o, quanto meno, che fosse realmente necessario.

Ludovico Marinò

Direttore Dipartimento di Scienze economiche e aziendali



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