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Sassari, Sotgiu: «L'indice Rt valuta la forza del virus e si calcola solo sui malati»

Roberto Petretto
Sassari, Sotgiu: «L'indice Rt valuta la forza del virus e si calcola solo sui malati»

Intervista a Giovanni Sotgiu (Comitato scientifico), professore di statistica medica: «Fare più tamponi non modifica l’indicatore che non considera gli asintomatici»

11 maggio 2020
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SASSARI. È stato catapultato all’improvviso nel turbine dell’emergenza. Non che sino a pochi giorni fa fosse estraneo al problema: dal suo solito studio di professore universitario, Giovanni Sotgiu l’evoluzione dell’epidemia l’ha osservata e studiata. Ora è stato chiamato a dare il proprio contributo al Comitato scientifico della Regione. Un arrivo che ha coinciso con l’annuncio del presidente Solinas di affidare all’indice Rt le indicazioni da affidare ai sindaci per le riaperture.

Professor Sotgiu, che attendibilità hanno queste indicazioni?

«I numeri sono sicuramente attendibili. L’Rt è un indicatore epidemiologico tra i tanti che possono descrivere l’andamento della malattia. La sua forza sta nel riuscire a descrivere la situazione epidemiologica in caso ci sia un certo numero di casi di malattia».

Malattia e non semplice contagio?

«Possiamo avere casi di positività al tampone con malattia, sintomatici, oppure positività al tampone ma niente sintomi, asintomatici. Entrambe le categorie sono positive al test, con una differenza: i primi sono malati, i secondi no. Questo indicatore assume rilevanza in un contesto in cui ci sia un numero elevato di nuovi casi di malattia. Il ministero l’ha incluso tra i 21 indicatori che servono per monitorare l’evoluzione dell’epidemia».

Perché si considerano solo i sintomatici?

«Per spiegare la ragione bisogna fare un po’ di storia naturale della malattia. Quando il virus entra nel corpo comincia a replicarsi. Se il sistema immunitario interviene tempestivamente e in modo efficace la crescita è controllata. Il virus fa pochi danni e non si manifestano sintomi. Poco virus nel corpo significa anche poco virus espulso all’esterno, quindi contagiosità minore. Anche perché il soggetto che non ha sintomi non tossisce, non starnutisce, non disperde goccioline con il virus. Vediamo l’altro caso: il sistema immunitario non interviene in modo efficace, ci sono danni all’organismo e si manifestano i sintomi. La persona malata espelle una grande quantità di virus quindi è molto contagioso».

Quindi gli asintomatici sono meno contagiosi?

«Sul rischio contagiosità dei soggetti asintomatici c’è ancora tanto studio da fare. Probabilisticamente un asintomatico lo è, ma non abbiamo certezza alcuna».

L’indice Rt quindi considera solo i “malati” di coronavirus. Ci spiega a cosa serve?

«L’indice Rt calcola la potenziale contagiosità del malato. Abbiamo contattato l’Istituto superiore di sanità che ha indicato la fondazione Bruno Kessler. La Regione ha voluto che venisse adottata la stessa metodologia di calcolo dell’Iss. Ci sono diverse modalità di calcolo dell’Rt. È un modello matematico e quindi l’approccio operativo può essere diverso. La Regione ha scelto, e io sono stato d’accordo, di adottare una metodologia rispettosa dal punto di vista istituzionale e tecnico».

Nei giorni scorsi la Regione aveva annunciato indici Rt per tutti i Comuni dell’isola. Invece quasi tutti non hanno dati statisticamente rilevanti...

«Io sono un tecnico e sulla scelta politica non mi posso permettere di giudicare. Tra l’altro stiamo parlando di una scelta fatta precedentemente al mio coinvolgimento. Sono certo che alla base ci sia un progetto scientifico ben preciso, fatto sicuramente in maniera oculata».

Come può il limite di 30 contagi avere la stessa valenza ad Alghero e a Bidonì?

«Quello dei 30 casi è un limite tecnico: quando si scende sotto quel limite, l’indice perde sua forza e sensibilità, la sua capacità di descrivere la situazione».

Come si può valutare la contagiosità del virus se il numero di tamponi eseguito è basso e in molti centri dell’isola non sono mai stati effettuati test?

«Non esiste alcuna relazione tra tampone e indicatore, che è costruito su soggetti sintomatici. E tutti quelli che hanno avuto sintomi sono stati sottoposti a tampone. Aumentando il numero dei tamponi non si aumenta l’attendibilità dell’indice. Se l’Rt fosse stato costruito su tutti i casi positivi avrebbe senso, ma non è così. Fare più tamponi non modifica la sensibilità dell’indicatore. Se non ho sintomi e faccio il tampone, non entro nel conteggio anche se risulto positivo».

Comunque l’Rt è solo uno degli indicatori previsti. A cosa dovremo fare attenzione nelle prossime settimane?

«È un indicatore importante al pari di tutti gli altri. Se continuiamo ad avere pochi casi di malattia non ci servirà più. Una delle cose più importanti sarà l’indagine siero-epidemiologica per valutare quanti soggetti hanno avuto l’infezione, per avere un quadro della circolazione del virus. Ci dirà anche quale parte della popolazione è più colpita, ci consentirà di acquisire informazioni rilevanti, sapere quale parte di popolazione è maggiormente suscettibile al virus in caso di una nuova ondata».

Chi dovrà stare più attento?

Sulla base dei nostri dati e di quelli scambiati con i colleghi della Lombardia è chiaro che le persone con più di 65 anni e con altre malattie rischiano conseguenze più gravi».

Ritiene che ci sia una sottovalutazione del rischio?

«Non ho una percezione esatta. Sono convinto, però, che sia importante far passare una messaggio che non sia di terrore, ma anche che non alimenti la perdita della consapevolezza del rischio. Siamo passati dal terrore assoluto al “chissenefrega, andiamo al mare”. Noi abbiamo un atteggiamento molto prudente: serve gradualità e in queste settimane di transizione occorre continuare a rispettare le regole che ci hanno aiutati ad arrivare al calo dei contagi».



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