La Nuova Sardegna

Sassari

Salis: «Il Comune ha 545mila euro da spendere»

Salis: «Il Comune ha 545mila euro da spendere»

L’Asce rilancia il progetto: servono azioni concrete basate su casa, istruzione, salute e prevenzione

16 giugno 2020
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SASSARI. «Le persone denunciate fanno parte della comunità Rom cittadina da oltre 30 anni, sono tutte residenti a Sassari e alcune di loro hanno passaporto bosniaco, altre la cittadinanza italiana. Stiamo dunque parlando di sassaresi a tutti gli effetti, non di generici cittadini stranieri».

Sulla vicenda del campo di Piandanna ha preso posizione ieri l’Asce (l’Associazione sarda contro l’emerginazione): «Quello di Piandanna è un insediamento comunale – ha detto Michele Salis – e la buona gestione dipende, oltre che dalle due comunità che ci vivono, dall’amministrazione comunale. Questo aspetto è centrale nel racconto di tutta la vicenda, che non nasce dall’oggi al domani. È un dato di fatto che questa e la precedente amministrazione comunale erano a conoscenza dello stato del campo, e hanno tutti i mezzi per superare questa situazione di isolamento e ghettizzazione sociale».

Michele Salis sostiene che a differenza degli altri comuni della Sardegna dove insistono comunità rom (in cui, seppur con tanti limiti, qualcosa è stato fatto), a Sassari non si è speso neanche un euro dei fondi sociali europei». L’Asce ricorda che da oltre un anno e mezzo i fondi (545 mila euro) per rompere quella catena di segregazione che li ghettizza, sono a disposizione del Comune. «La nostra associazione pensa che il superamento del campo, sia fisico che mentale inteso come una situazione di ghettizzazione sociale, sia possibile solo attraverso meccanismi partecipativi, attraverso l’ascolto delle comunità, la conoscenza della sua cultura, il coinvolgimento delle persone che la compongono che non sono un pacco da spostare».

La proposta dell’Asce è quella di «agire a 360 gradi su casa, istruzione, lavoro, salute e prevenzione, al fine di garantire una reale inclusione. La nostra associazione si mette a disposizione dell’amministrazione e delle comunità rom per incentivare e facilitare questi processi».

«L’esclusione dei rom dall’istruzione, dal mondo del lavoro, dal consesso civile – afferma Salis – , li costringe a vivere di espedienti, ai margini di ogni legalità, e dunque in una condizione di costante ricatto e vulnerabilità. Il degrado ambientale è frutto della specializzazione indotta verso lo smaltimento illecito dei rifiuti ferrosi con mezzi di fortuna, non di una scelta deliberata. È tempo di spezzare questo circuito di segregazione razziale e criminalizzazione etnica. Le istituzioni mettano tutto il peso di una volontà politica informata e determinata nel produrre percorsi partecipati e condivisi di uscita dal ghetto: servono più servizi sociali, istruzione e diritti». L’obiettivo è quello di evidenziare le responsabilità della comunità affinchè non di finisca a parlare solo di “degrado”.

«Solo così, in un percorso che sarà comunque lungo e non facile, si potrà porre fine alla quotidiana vergogna della discriminazione razziale verso il popolo rom che noi tutti, volenti o nolenti, stiamo continuando a perpetuare». (g.b.)



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