Prestiti a usura, nei guai due fratelli e una sorella
di Gianni Bazzoni
Applicati tassi del 240 per cento, auto trattenute a garanzia dei pagamenti Incendi e minacce di morte, uno dei debitori terrorizzato si è rivolto agli agenti
18 giugno 2020
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SASSARI. Prestavano denaro a persone in difficoltà economica e finanziaria e poi pretendevano la restituzione con tassi usurai. L’attività è stata scoperta dagli investigatori della squadra mobile della questura di Sassari che - in questi giorni - hanno notificato agli indagati l’avviso di conclusione delle indagini che sono coordinate dal sostituto procuratore della Repubblica Angelo Beccu.
Nei guai sono finiti due fratelli di 52 e 59 anni e una sorella di 43, componenti di una famiglia sassarese piuttosto conosciuta a Sassari. L’accusa formulata nei loro confronti è di usura pluriaggravata in concorso tra loro. I tre prestavano denaro inizialmente per alcune migliaia di euro applicando il tasso di interesse mensile pari al 20 per cento e - secondo quanto emerso dagli accertamenti della squadra mobile - la rata che veniva restituita riguardava sempre e solo gli interessi, quindi la quota capitale non veniva mai intaccata. E l’estinzione del debito non arrivava mai. Tanto che i meccanismi dell’usura prevedevano l’applicazione di tassi di interesse pari al 240 per cento l’anno. Così le vittime continuavano a indebitarsi con nuove richieste di denaro e spesso lasciando in “pegno” beni mobili (come la propria auto o altre cose di valore). Alla fine l’obiettivo degli usurai, stando a quanto emerso nel corso delle indagini degli investigatori della Mobile guidati dal dirigente Dario Mongiovì, era quello di rilevare le attività commerciali dei debitori ormai portati a non avere più alcuna reazione e speranza.
Una pratica collaudata che è stata scoperta dopo la denuncia di una delle vittime finita nella rete della famiglia di usurai. Era la donna della famiglia - a quanto pare - a tenere i rapporti tra i clienti e i fratelli che provvedevano poi all’erogazione del denaro. E le indagini hanno preso il via nei primi mesi del 2018, quando una delle vittime, ormai spaventata e preoccupata di eventuali reazioni perchè non riusciva più a restituire il denaro chiesto dalla banda di usurai , si è presentato negli uffici della questura di Sassari e ha chiesto aiuto alla polizia. Dall’esame della storia è emerso che la persona si era rivolta alla famiglia sassarese per avere un prestito che sarebbe dovuto servire per saldare dei debiti pregressi. Fratelli e sorella, dopo avere dato il via libera alla “pratica” avevano erogato poche migliaia di euro chiedendo un interesse calcolato nell’ordine del 20 per cento. Per alcuni mesi i debitori erano riusciti a pagare gli importi richiesti, ma in un secondo momento - non potendo più fare fronte alle spese - avevano chiesto ulteriore liquidità. Così la situazione economica si è aggravata, al punto che è saltata la restituzione delle rate del prestito sempre più onerose. Così a un certo punto alla vittima era stata portata via l’auto e trattenuta come garanzia della rata in scadenza (in questa circostanza si è profilato anche il reato di estorsione).
La persona era stata minacciata di morte e ormai preoccupata anche per la propria incolumità aveva deciso di rivolgersi alla polizia. L’attività investigativa della squadra mobile ha consentito di scoprire fin da subito i meccanismi nascosti dell’usura, con tassi di interesse del 240 per cento annuali. L’obiettivo finale era quello di costringere la vittima indebitarsi ancora fino al punto di rischiare di perdere l’intero capitale costituito da attività commerciali e immobiliari che passavano di mano.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Nei guai sono finiti due fratelli di 52 e 59 anni e una sorella di 43, componenti di una famiglia sassarese piuttosto conosciuta a Sassari. L’accusa formulata nei loro confronti è di usura pluriaggravata in concorso tra loro. I tre prestavano denaro inizialmente per alcune migliaia di euro applicando il tasso di interesse mensile pari al 20 per cento e - secondo quanto emerso dagli accertamenti della squadra mobile - la rata che veniva restituita riguardava sempre e solo gli interessi, quindi la quota capitale non veniva mai intaccata. E l’estinzione del debito non arrivava mai. Tanto che i meccanismi dell’usura prevedevano l’applicazione di tassi di interesse pari al 240 per cento l’anno. Così le vittime continuavano a indebitarsi con nuove richieste di denaro e spesso lasciando in “pegno” beni mobili (come la propria auto o altre cose di valore). Alla fine l’obiettivo degli usurai, stando a quanto emerso nel corso delle indagini degli investigatori della Mobile guidati dal dirigente Dario Mongiovì, era quello di rilevare le attività commerciali dei debitori ormai portati a non avere più alcuna reazione e speranza.
Una pratica collaudata che è stata scoperta dopo la denuncia di una delle vittime finita nella rete della famiglia di usurai. Era la donna della famiglia - a quanto pare - a tenere i rapporti tra i clienti e i fratelli che provvedevano poi all’erogazione del denaro. E le indagini hanno preso il via nei primi mesi del 2018, quando una delle vittime, ormai spaventata e preoccupata di eventuali reazioni perchè non riusciva più a restituire il denaro chiesto dalla banda di usurai , si è presentato negli uffici della questura di Sassari e ha chiesto aiuto alla polizia. Dall’esame della storia è emerso che la persona si era rivolta alla famiglia sassarese per avere un prestito che sarebbe dovuto servire per saldare dei debiti pregressi. Fratelli e sorella, dopo avere dato il via libera alla “pratica” avevano erogato poche migliaia di euro chiedendo un interesse calcolato nell’ordine del 20 per cento. Per alcuni mesi i debitori erano riusciti a pagare gli importi richiesti, ma in un secondo momento - non potendo più fare fronte alle spese - avevano chiesto ulteriore liquidità. Così la situazione economica si è aggravata, al punto che è saltata la restituzione delle rate del prestito sempre più onerose. Così a un certo punto alla vittima era stata portata via l’auto e trattenuta come garanzia della rata in scadenza (in questa circostanza si è profilato anche il reato di estorsione).
La persona era stata minacciata di morte e ormai preoccupata anche per la propria incolumità aveva deciso di rivolgersi alla polizia. L’attività investigativa della squadra mobile ha consentito di scoprire fin da subito i meccanismi nascosti dell’usura, con tassi di interesse del 240 per cento annuali. L’obiettivo finale era quello di costringere la vittima indebitarsi ancora fino al punto di rischiare di perdere l’intero capitale costituito da attività commerciali e immobiliari che passavano di mano.
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