La Nuova Sardegna

Sassari

Attentato a un militare, a giudizio

di Nadia Cossu
Attentato a un militare, a giudizio

Imputato 21enne di Buddusò. Un carabiniere lo redarguisce e dopo 36 ore la sua auto viene incendiata

23 giugno 2020
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BUDDUSÒ. Quel giorno di aprile di due anni fa a Buddusò c’era una festa di paese e diverse persone, durante la manifestazione, erano in sella ai cavalli. Non tutti però avevano rispettato l’ordinanza sindacale che prevedeva il divieto di muoversi a cavallo dentro il centro abitato. Tra questi Stefano Ziri, 21 anni, che – proprio per via di un comportamento un po’ troppo esuberante – era stato ripreso da un carabiniere che prestava servizio nella stazione di Buddusò. Il militare lo aveva fermato e invitato a rispettare le regole considerato che stava violando i divieti. Dopo qualche giorno, allo stesso carabiniere era stata incendiata l’auto. Una telecamera, le cui registrazioni erano state acquisite nella fase delle indagini, aveva inquadrato un giovane che, proprio negli attimi precedenti, era passato nel punto in cui era parcheggiata la macchina del militare. E quest’ultimo, insieme ad altri colleghi, lo aveva riconosciuto come lo stesso giovane che tre giorni prima era stato redarguito: Ziri, appunto.

Per questo motivo era stato denunciato e in seguito all’attività investigativa il ventunenne, difeso dall’avvocato Angelo Merlini, è stato rinviato a giudizio. Ora è a processo per il reato di “danneggiamento seguito da incendio”. Il militare proprietario della macchina distrutta dalle fiamme si è invece costituito parte civile con l’avvocato Antonio Secci.

Nell’informativa inviata alla Procura della Repubblica di Sassari, i carabinieri scrivevano che Ziri prima si era «mostrato insofferente nei confronti del militare tentando di sottrarsi al controllo e poi snobbando l’operato della pattuglia e tenendo un comportamento irriguardoso al limite dell’oltraggio». E anche il giorno successivo il comandante della stazione e il carabiniere cui poi è stata incendiata la macchina erano andati a casa del giovane per «ammonirlo a evitare simili atteggiamenti, ma senza sortire effetto».

Dopo 36 ore esatte, alle 4.10 del mattino, le fiamme distruggevano la Fiat Grande Punto del carabiniere “autore” del rimprovero, parcheggiata a pochi metri dalla caserma. Solo l’intervento tempestivo dei carabinieri che si erano attivati immediatamente per spegnere il rogo, aveva evitato che il fuoco si propagasse a un’abitazione vicina e a un altro veicolo. La facciata della casa e l’altra macchina avevano riportato ugualmente dei danni.

A quel punto erano partite le indagini ed erano state acquisite le immagini delle telecamere di videosorveglianza. Osservando le registrazioni era emerso che all’ora dell’incendio non era passato nessuno nella zona, nemmeno veicoli. Solo una telecamera privata aveva immortalato «il passaggio di un giovane in leggera corsa – era scritto nell’informativa – che proveniva da monte diretto verso via La Malfa». L’analisi dei fotogrammi aveva consentito di ricostruire la fisionomia del ragazzo. Il carabiniere lo aveva riconosciuto, il giovane correva e, accortosi della telecamera, aveva cercato di spostarsi dall’altra parte della strada. Dopo alcuni minuti era scoppiato l’incendio.

Il processo, che avrebbe dovuto celebrarsi davanti al giudice Elena Meloni, è stato rinviato d’ufficio per via del Covid.

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