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Sassari

In assise a Sassari l'omicidio di Ittireddu, "Alla vittima strapparono le unghie per vendetta"

di Nadia Cossu
In assise a Sassari l'omicidio di Ittireddu, "Alla vittima strapparono le unghie per vendetta"

L’imputato Unali rivela: la vittima mi raccontò che qualcuno lo rapì e torturò per questioni di droga

01 luglio 2020
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SASSARI. «Alessio Ara non aveva le unghie nelle dita di una mano. La cosa mi colpì molto e quando gli chiesi il motivo mi rispose che gliele avevano strappate, mi raccontò che lo avevano sequestrato, legato e incaprettato perché erano convinti che si fosse impossessato di una piantagione di marijuana».

A inserire questo nuovo elemento, finora rimasto fuori dal processo che si sta celebrando davanti alla corte d’assise di Sassari, è stato l’imputato Vincenzo Unali (che si è sottoposto a esame). L’allevatore originario di Mores è in carcere con l’accusa di aver ucciso il 37enne Ara con una fucilata il 15 dicembre del 2016 a Ittireddu.

Un dettaglio di cui probabilmente gli inquirenti erano a conoscenza ma che non era mai stato introdotto dalla difesa nel dibattimento nonostante potesse aprire scenari differenti e alternativi riguardo il movente del delitto. Per la Procura, infatti, la morte del giovane è da ricondurre alla sua presunta relazione sentimentale con una delle figlie dell’imputato, già impegnata con un altro uomo, Costantino Saba. Circostanza, questa, a quanto pare non gradita a Unali che era in “affari” con il compagno della figlia, un giovane con cui la famiglia collaborava dal punto di vista lavorativo, in campagna, con terreni, bestiame, produzioni condivise. L’eventualità di perdere tutto questo avrebbe scatenato la rabbia di Vincenzo Unali che avrebbe così deciso di ammazzare Alessio Ara. «Io non mi sono mai intromesso nelle storie di mie figlie – ha detto lui ieri mattina durante l’esame in aula – sono ragazze serie. Perché mai avrei dovuto uccidere quel ragazzo?». E ha anche ribadito, l’imputato, che il giorno dell’omicidio – così come già confermato ai giudici da sua moglie – uscito dall’azienda andò dritto a casa.

Il nuovo elemento introdotto ieri aveva certamente l’obiettivo di insinuare il sospetto che altre persone potessero avercela con la vittima. E quel regolamento di conti – le unghie strappate, con rapimento annesso – sarebbe una conferma di questa tesi.

Durante le indagini per l’omicidio Ara gli inquirenti non avevano tralasciato nemmeno la pista di un possibile legame con un altro delitto: quello di Giampietro Argiolas, compare e amico fraterno di Alessio, ammazzato il 18 novembre del 2015 a Noragugume.

I due omicidi commessi a distanza di un anno l’uno dall’altro – e considerata anche la grande amicizia tra le due vittime – avevano in un primo momento indotto gli investigatori a percorrere quella pista. Ma venne ben presto abbandonata perché non trovarono elementi di riscontro.

Vincenzo Unali ieri, a questo proposito, dopo aver sottolineato che Ara e Argiolas erano soci, ha riferito un altro fatto. «In carcere ho parlato con un detenuto di Noragugume – ha detto l’imputato alla corte – mi ha raccontato che Argiolas possedeva una quantità di ettari di terreno comunale di gran lunga superiore a quella che gli sarebbe spettata». Aspetto, questo, che ha in qualche modo prospettato un possibile movente per la morte dell’allevatore di Noragugume. Perché l’assegnazione dei terreni, da sempre, nel mondo delle campagne è motivo di diatribe.

Ieri il presidente della corte, Massimo Zaniboni, ha dichiarato chiusa l’istruttoria dibattimentale e ha predisposto il calendario delle prossime udienze dedicate alle discussioni del pubblico ministero Giovanni Porcheddu e degli avvocati di parte civile Ivan Golme e Luigi Esposito (il 6 luglio), mentre il 13 sarà l’avvocato Pietro Diaz a cominciare la sua arringa.

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