La Nuova Sardegna

Sassari

Delitti Monni e Masala, i parenti di Alberto Cubeddu non si arrendono alla condanna all'ergastolo

Alberto Cubeddu
Alberto Cubeddu

Si parla di Alessandro Taras, il principale accusatore del giovane ritenuto responsabile della morte di Gianluca Monni e di Stefano Masala

05 luglio 2020
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SASSARI. I parenti di Alberto Cubeddu non si arrendono. La famiglia del 25enne di Ozieri, condannato venerdì 3 luglio all'ergastolo dalla Corte d'assise d'appello di Sassari per il duplice omicidio di Gianluca Monni, il 18enne di Orune freddato la mattina dell'8 maggio nel suo paese mentre attendeva l'autobus per andare a scuola, e di Stefano Masala, il 27enne di Nule di cui si sono perse le tracce la sera prima, e la cui auto sarebbe servita per compiere l'omicidio di Monni, portano nuovi argomenti a favore del giovane condannato e li pubblicano sui social.

La sorella del condannato, Gabriella Cubeddu, ha pubblicato sulla sua pagina Facebook l'audio di un'intercettazione telefonica - con tanto di sottotitoli - in cui il supertestimone Alessandro Taras, principale accusatore del fratello, diceva di aver subito pressioni dai carabinieri per incastrare il giovane insieme al cugino Enrico Paolo Pinna, di Nule, minorenne all'epoca dei fatti, condannato a 20 anni in via definitiva.

«Il 18 settembre 2015 Alessandro Taras è stato sentito dai carabinieri a Nuoro. In quell'audizione aveva escluso qualsiasi responsabilità di Alberto in merito ai fatti per i quali mio fratello è stato condannato», scrive Gabriella Cubeddu. «Il 29 ottobre 2015 i carabinieri riconvocano Taras in caserma a Ozieri per un colloquio segreto, mai verbalizzato. Cosa sia successo in occasione di quell'incontro segreto potete sentirlo dalle stesse parole di Taras», denuncia la donna, sottolineando che «qualche mese dopo quel colloquio, Taras stravolgerà la ricostruzione di quanto accaduto la sera tra l'8 e il 9 maggio 2015, accusando Alberto». «Loro credono in pratica che Alberto non era in macchina con me, che era in un'altra macchina, e loro sospettano che sia la macchina di questo scomparso», dice tra le altre cose Alessandro Taras in quell'intercettazione. «Io gli ho detto naturalmente che era con me, perché era con me, e loro dicono che era in un'altra macchina - prosegue il testimone -mi hanno detto che mi indagano, mi hanno detto che mi iscrivono come indagato e che mi tolgono il porto d'armi e le armi». (Ansa).

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