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Sassari

«Condannate Unali all’ergastolo»

«Condannate Unali all’ergastolo»

La richiesta dell’accusa per l’omicidio di Alessio Ara ucciso con una fucilata a Ittireddu nel 2016

07 luglio 2020
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SASSARI. «Condannate Vincenzo Unali all’ergastolo»: questa la richiesta del pubblico ministero Giovanni Porcheddu che ieri mattina - a conclusione della requisitoria - ha concluso così rivolgendosi ai giudici della corte d’assise del tribunale di Sassari. Il Pm ha chiesto anche l’isolamento diurno per 12 mesi e il risarcimento alle parti civili di 200mila euro ciascuno per la madre e il fratello della vittima.

L’allevatore di Mores è ritenuto dall’accusa il responsabile dell’omicidio di Alessio Ara, 37 anni, ucciso con una fucilata a Ittireddu il 15 dicembre del 2016. Unali si è sempre dichiarato innocente, ma secondo la tesi sostenuta dall’accusa, avrebbe ammazzato Ara perché faceva la corte a una delle sue figlie, già legata sentimentalmente a un altro uomo con cui la famiglia dell'imputato era in affari. La tesi è stata ribadita con decisione anche ieri mattina nell’intervento che il pm Giovanni Porcheddu ha svolto davanti alla Corte presieduta dal giudice Massimo Zaniboni. La discussione in Assise è proseguita con gli interventi degli avvocati di parte civile, Ivan Golme e Luigi Esposito. La prossima settimana è attesa la replica dell'avvocato Pietro Diaz, che difende Unali.

Alessio Ara fu ammazzato poco dopo le 19 del 15 dicembre 2016, con due fucilate mentre entrava a casa della madre a Ittireddu. Alcuni elementi, tra cui il Dna dell’imputato rinvenuto nel pantalone di una tuta che sarebbe stato utilizzato dall’assassino per coprire il fucile, avevano portato gli inquirenti a ritenere che il responsabile dell’omicidio fosse proprio Unali. A fornirgli un alibi era stata la moglie Lucia Cossu. Ma alcune intercettazioni ambientali smentirebbero questa ricostruzione. E su questi elementi si è basata la ricostruzione da parte dell’accusa che ha poi concluso con la richiesta della condanna all’ergastolo per Vincenzo Unali.

In particolare, la moglie il giorno dopo l’arresto del marito avrebbe detto a una delle figlie di non conoscere gli orari di Unali «perché in campagna non si sa mai quando si finisce». E durante un colloquio in carcere tra padre e figlia, quest’ultima avrebbe detto: «Sarebbe importante che qualche testimone dica che eri a casa». Frase alla quale lui avrebbe risposto all’incirca così: «Chiama tua madre, lei sa tutto». Secondo l’accusa ci sarebbe stato quindi il tentativo - da parte di Unali e dei suoi familiari - di costruire un alibi per l’ora del delitto. Per la Procura il movente del delitto starebbe tutto nella presunta relazione che Piera Unali, figlia dell’imputato, avrebbe avuto con la vittima Alessio Ara. Quest’ultimo, per l’accusa, sarebbe stato dunque ammazzato da Vincenzo Unali perché avrebbe compromesso la stabile relazione di sua figlia con Costantino Saba, un giovane con cui la famiglia collaborava anche dal punto di vista lavorativo, in campagna, con terreni, bestiame, produzioni condivise tra le due famiglie. Il processo dunque si avvia a conclusione. La prossima settimana sarà la volta dell’avvocato Pietro Diaz (che difende Unali). «Perché mai avrei dovuto uccidere quel ragazzo?», aveva detto Unali sottoponendosi all’esame dei giudici. E aveva anche ribadito che il giorno dell’omicidio era uscito dall’azienda di famiglia per poi recarsi subito a casa. Stessa tesi confermata dalla moglie. (g.b.)

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