Lettera dal carcere: «A Bancali una situazione tragica»
I detenuti: in isolamento 14 giorni dopo un permesso. E gli educatori dove sono?
30 luglio 2020
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SASSARI. Due pagine scritte in stampatello e inviate alla Nuova Sardegna per denunciare «una situazione giunta allo stremo». La firma: “I detenuti di Bancali”. «Era già tutto complicato prima, ora con il Covid è tragica». In particolare il riferimento è a una presunta limitazione di diritti «che in precedenza avevamo. Lo dimostra il fatto che i permessanti – scrivono – che una volta al mese devono uscire in permesso, al loro rientro devono fare 14 giorni di quarantena in isolamento. Mentre educatori e agenti della polizia penitenziaria escono e entrano dall’istituto come e quando vogliono. Cosa significa? Che noi siamo contagiosi e loro no?».
Parlano poi dei colloqui: «Sono un inferno. Se i familiari prenotano alle 11, è già tanto se riusciamo a fare il colloquio 4 ore dopo e nel mentre le nostre famiglie devono stare sotto il sole o la pioggia e se si lamentano vengono trattate con maleducazione». Lamentano inoltre, i detenuti, di ricevere scarsa attenzione da parte degli educatori: «Noi comprendiamo la grande mole di lavoro che devono affrontare – scrivono nella lettera – ma molti nostri compagni ricorrono anche ad atti di autolesionismo per poter parlare con un educatore visto che i colloqui li fanno una volta all’anno, se va bene». E aggiungono che un trattamento carente sarebbe riservato in particolare a stranieri e tossicodipendenti «abbandonati a loro stessi».
Nelle due pagine scritte a mano dal gruppo di detenuti di Bancali un passaggio riguarda anche quelli che i firmatari della missiva chiamano «i nostri compagni della sezione semiliberi» che a loro dire sarebbero «costretti a uscire solo per tre ore al giorno dalle cella e per il resto della giornata devono stare in una sezione di 10 metri, venti ore al giorno senza nessuna attività».
La lettera si conclude così: «Anche se abbiamo commesso degli errori siamo esseri umani con una famiglia, con un passato, un presente e, speriamo, un futuro».
Parlano poi dei colloqui: «Sono un inferno. Se i familiari prenotano alle 11, è già tanto se riusciamo a fare il colloquio 4 ore dopo e nel mentre le nostre famiglie devono stare sotto il sole o la pioggia e se si lamentano vengono trattate con maleducazione». Lamentano inoltre, i detenuti, di ricevere scarsa attenzione da parte degli educatori: «Noi comprendiamo la grande mole di lavoro che devono affrontare – scrivono nella lettera – ma molti nostri compagni ricorrono anche ad atti di autolesionismo per poter parlare con un educatore visto che i colloqui li fanno una volta all’anno, se va bene». E aggiungono che un trattamento carente sarebbe riservato in particolare a stranieri e tossicodipendenti «abbandonati a loro stessi».
Nelle due pagine scritte a mano dal gruppo di detenuti di Bancali un passaggio riguarda anche quelli che i firmatari della missiva chiamano «i nostri compagni della sezione semiliberi» che a loro dire sarebbero «costretti a uscire solo per tre ore al giorno dalle cella e per il resto della giornata devono stare in una sezione di 10 metri, venti ore al giorno senza nessuna attività».
La lettera si conclude così: «Anche se abbiamo commesso degli errori siamo esseri umani con una famiglia, con un passato, un presente e, speriamo, un futuro».