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Sassari, la guerra dell’Atrium davanti al giudice

Luca Fiori
Sassari, la guerra dell’Atrium davanti al giudice

Il proprietario e il gestore della discoteca di via Milano in aula per contendersi una macchinetta del ghiaccio 

09 gennaio 2021
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SASSARI. Il re della “movida” sassarese non avrebbe mai pensato di finire davanti a un giudice per una macchinetta trita ghiaccio e un paio di separè in plexiglass spariti -secondo chi lo ha denunciato - dall’Atrium, la storica discoteca di via Milano che ha gestito dal 2012 al 2016 facendo ballare migliaia di sassaresi.

Per una vita calciatore di successo, oggi allenatore vincente e carismatico alla guida del Li Punti, Cosimo Salis, sassarese di 60 anni, da sempre uomo simbolo delle notti, dell’estate e del divertimento della città by night, qualche giorno fa ha dovuto fare i conti con una questione antipatica che lo ha fatto finire dentro un’aula di tribunale.

La vicenda ha inizio nella primavera del 2015, quando gli agenti della polizia amministrativa della questura e i vigili del fuoco riscontrano dei problemi di sicurezza all’interno della sala da ballo di proprietà della famiglia Seghenzi, la stessa che ha costruito e gestisce tutt’ora l’Hotel Grazia Deledda. Per Salis, che ha il locale in gestione, i problemi devono essere risolti dai proprietari dell’immobile. Le due parti non trovano un accordo e nel mentre sulla pista del locale di via Milano si spengono la musica e le luci.

La discoteca cittadina chiude i battenti e i sassaresi sono costretti a cercare alternative al divertimento notturno a due passi da casa. Tra Salis e i proprietari delle mura dell’Atrium inizia una guerra a colpi di carte bollate. Il contratto stipulato nel 2012 per la gestione del locale da ballo finisce davanti a un giudice civile che ancora dopo tanti anni non ha stabilito da che parte stia la ragione.

La vicenda ha però anche uno strascico penale, perché i proprietari dell’Atrium quando nel 2016 rientrano in possesso della discoteca sostengono che Salis prima di andare via abbia portato via qualcosa.

All’appello mancherebbero una macchinetta trita ghiaccio e dei separè in plessiglass. Così, mentre Salis sostiene di essere stato ingannato per aver ricevuto in gestione un locale non idoneo, i Seghenzi si rivolgono alla polizia e presentano una denuncia per appropriazione indebita.

La cosa sembra di poco conto e per anni non se ne sa più niente, ma la giustizia anche se in silenzio è andata avanti e la vicenda è approdata in un’aula di tribunale. Salis, difeso dall’avvocato Gian Marco Mura ha respinto le accuse e lo stesso pm Angelo Beccu ha chiesto per lui l’assoluzione, ritenendo che non ci fossero prove per condannarlo Il giudice Sergio De Luca lo ha condannato invece a un mese di reclusione con la sospensione condizionale della pena e la non menzione nel casellario giudiziario. «Attendiamo le motivazioni - commenta il difensore - poi presenteremo appello».

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