Furibonda lite in famiglia assoluzione per il parroco
di Luca Fiori
Don Gavino Sanna in primo grado era stato ritenuto colpevole di lesioni gravi Per i giudici d’Appello il sacerdote e i suoi familiari non aggredirono un fratello
28 febbraio 2021
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SASSARI. La furibonda lite per l’eredità che aveva fatto finire a processo don Gavino Sanna, sacerdote di Ossi di 67 anni a lungo parroco di Bonorva, e tutti i suoi fratelli è stata ridimensionata dai giudici della Corte d’Appello di Sassari.
I giorni scorsi il collegio presieduto da Maria Teresa Lupinu, ha assolto il sacerdote, la sorella Antonia Celestina, di 65 anni, e il fratello Antonio Maria di 60, dall’accusa di aver aggredito un quarto fratello, Roberto di 55 anni.
In primo grado, due anni fa, il sacerdote e i fratelli più grandi, tutti difesi dall’avvocato Luca D’Alò, erano stati condannati a due mesi di reclusione con la sospensione condizionale della pena. Pochi mesi dopo si erano ritrovati ancora tutti dentro un’aula di tribunale per via della contro denuncia. Sul banco degli imputati era finito questa volta Roberto Sanna, accusato dagli altri di maltrattamenti. Ma l’uomo, difeso dall’avvocato Maurizio Serra, era stato assolto. Il legale nella sua arringa aveva sottolineato il fatto che l’episodio che aveva scatenato il putiferio giudiziario era riconducibile a un normale (magari più acceso) litigio di famiglia.
E così lo hanno ritenuto anche i giudici di secondo grado, chiamati a giudicare il sacerdote e i fratelli più grandi, annullando anche la prima condanna.
La goccia che aveva fatto traboccare il vaso era stato un giubbotto appeso fuori posto. Un banale pretesto che aveva trasformato l’antivigilia di Natale di nove anni fa in una giornata d’inferno per un’intera famiglia di Ossi che – a pochi centimetri dalle statuine del presepe – si era ritrovata a regolare i conti di un’eredità contesa. La lite furibonda si era scatenata la sera del 23 dicembre del 2012 nell’abitazione di Ossi, in cui i quattro fratelli convivevano dopo la morte dei genitori. Il clima si era fatto pesante per questioni di eredità irrisolte e neanche l’imminente arrivo del Natale aveva reso gli animi più buoni.
Rientrato a casa poco prima di cena, Roberto il più piccolo dei fratelli aveva chiesto spiegazioni alla sorella Celestina per la collocazione di un giubbotto. Era intervenuto anche il sacerdote e il capo di abbigliamento era finito per terra. «Mi sono chinato per raccoglierlo – aveva raccontato in aula la parte offesa – e mio fratello sacerdote mi ha colpito con calci e pugni. Mentre mi colpiva – aveva aggiunto – mi ha buttato nel letto mettendomi la mano in faccia e impedendomi di muovermi. E a quel punto gli ho morsicato il dito per liberarmi. Mentre uscivo dalla stanza – aveva aggiunto Roberto Sanna – si sono avventati su di me anche Celestina e Antonio colpendomi con calci e pugni». Per i giudici della corte d’Appello i giorni di cure prescritti dai medici a tutti i componenti della famiglia non corrispondevano però al racconto di un pestaggio, che forse era stato solo un’accesa discussione.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
I giorni scorsi il collegio presieduto da Maria Teresa Lupinu, ha assolto il sacerdote, la sorella Antonia Celestina, di 65 anni, e il fratello Antonio Maria di 60, dall’accusa di aver aggredito un quarto fratello, Roberto di 55 anni.
In primo grado, due anni fa, il sacerdote e i fratelli più grandi, tutti difesi dall’avvocato Luca D’Alò, erano stati condannati a due mesi di reclusione con la sospensione condizionale della pena. Pochi mesi dopo si erano ritrovati ancora tutti dentro un’aula di tribunale per via della contro denuncia. Sul banco degli imputati era finito questa volta Roberto Sanna, accusato dagli altri di maltrattamenti. Ma l’uomo, difeso dall’avvocato Maurizio Serra, era stato assolto. Il legale nella sua arringa aveva sottolineato il fatto che l’episodio che aveva scatenato il putiferio giudiziario era riconducibile a un normale (magari più acceso) litigio di famiglia.
E così lo hanno ritenuto anche i giudici di secondo grado, chiamati a giudicare il sacerdote e i fratelli più grandi, annullando anche la prima condanna.
La goccia che aveva fatto traboccare il vaso era stato un giubbotto appeso fuori posto. Un banale pretesto che aveva trasformato l’antivigilia di Natale di nove anni fa in una giornata d’inferno per un’intera famiglia di Ossi che – a pochi centimetri dalle statuine del presepe – si era ritrovata a regolare i conti di un’eredità contesa. La lite furibonda si era scatenata la sera del 23 dicembre del 2012 nell’abitazione di Ossi, in cui i quattro fratelli convivevano dopo la morte dei genitori. Il clima si era fatto pesante per questioni di eredità irrisolte e neanche l’imminente arrivo del Natale aveva reso gli animi più buoni.
Rientrato a casa poco prima di cena, Roberto il più piccolo dei fratelli aveva chiesto spiegazioni alla sorella Celestina per la collocazione di un giubbotto. Era intervenuto anche il sacerdote e il capo di abbigliamento era finito per terra. «Mi sono chinato per raccoglierlo – aveva raccontato in aula la parte offesa – e mio fratello sacerdote mi ha colpito con calci e pugni. Mentre mi colpiva – aveva aggiunto – mi ha buttato nel letto mettendomi la mano in faccia e impedendomi di muovermi. E a quel punto gli ho morsicato il dito per liberarmi. Mentre uscivo dalla stanza – aveva aggiunto Roberto Sanna – si sono avventati su di me anche Celestina e Antonio colpendomi con calci e pugni». Per i giudici della corte d’Appello i giorni di cure prescritti dai medici a tutti i componenti della famiglia non corrispondevano però al racconto di un pestaggio, che forse era stato solo un’accesa discussione.
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